Per molti anni il fenomeno oggi definito come infiammazione da cibo è
stato caratterizzato con il termine di "intolleranza alimentare", che
sarebbe in realtà un termine molto appropriato (perdita di tolleranza), ma che
è stato usato in modo assolutamente improprio per lungo tempo, tanto che oggi
il termine stesso è da molti vissuto come indicazione chiara di mancanza di
scientificità.
Inoltre esiste una confusione di termini diffusa
talvolta anche tra gli "esperti", tra "intolleranza al
lattosio" (vera intolleranza biochimica al lattosio) e "reazione
immunologica alle proteine del latte" (infiammazione causata da altre
componenti del latte) che la gente chiama comunque "intolleranza". Si
tratta invece di due condizioni molto
diverse e con differenti effetti sull'organismo.
Un altro elemento di confusione nasce dalla definizione di
"Gluten sensitivity" che è realmente una intolleranza
al glutine ma non di tipo celiaco, che sta diventando sempre più frequente
nella popolazione generale.
Noi allora ben volentieri ci stacchiamo da queste
definizioni confuse e talvolta ascientifiche e preferiamo mantenere la più
semplice definizione di infiammazione
da cibo, sapendo bene che gli effetti derivanti
dalle citochine infiammatorie prodotte dall'organismo (BAFF e
PAF ad esempio) sono in realtà quelli che provocano le diverse sintomatologie.
La reazione infiammatoria dovuta al cibo ha caratteristiche molto
diverse dalle allergie, soprattutto per il modo in cui si viene a
creare e per i tempi necessari alla comparsa dei sintomi, anche se spesso i
sintomi che si evidenziano sono molto simili.
L'allergia è normalmente una
risposta immediata, che compare nel giro di pochi minuti, più raramente entro qualche ora,
dal contatto con la sostanza incriminata e implica l'intervento delle
Immunoglobuline E (IgE) e dei mastociti.
L'infiammazione da cibo esprime invece una reazione
lievemente più lenta, determinata dall'intervento di cellule o anticorpi
diversi dalle IgE (cellule Th intestinali, come dimostrato da Sampson e
citochine infiammatorie), che insorge
dopo ore o giorni di assunzione ripetuta della sostanza alimentare (o
di contatto con un agente ambientale non necessariamente alimentare) verso la
quale abbiamo una reattività: nell'organismo esistono infatti meccanismi di
controllo dovuti all'immunità innata che nei confronti degli alimenti riescono
spesso a evitare lo scatenamento della reazione. Questo meccanismo prevede dunque il superamento di un “livello di soglia”.
Con l'identificazione del BAFF (B
Cell Activating Factor) e la sua azione infiammatoria e immunomodulante si è
capito con chiarezza perché le intolleranze alimentari possano causare a
cascata una serie di sintomi talvolta diversi tra loro ma legati ad una causa
infiammatoria immunologica comune.
Sintomi
La sintomatologia correlata con l'infiammazione da
cibo è molto varia e le ricerche scientifiche relative alla infiammazione a
bassa intensità continuano a portare nuovi dati sull'effetto di questo tipo di
infiammazione sulla salute.
Apparato gastrointestinale
Meteorismo, eruttazioni, diarrea, nausea, gastrite,
reflusso gastroesofageo, epigastralgia, colite, sindrome del colon irritabile,
dispepsia, sensazione di pesantezza, dolori addominali, malassorbimento,
malattie infiammatorie intestinali, appetito ridotto o aumentato, crampi.
Sistema respiratorio
Riniti, sinusiti, bronchiti, asma, tosse,
difficoltà di respirazione, tendenza a ripetere forme infettive, faringite o
laringite, raucedine, poliposi nasale e sinusale, russamento (roncopatia),
ostruzione nasale, olfatto ridotto o aumentato.
Cute
Eruzioni cutanee, eczema, orticaria, acne,
dermatiti, prurito cutaneo, ritenzione idrica e linfedema, lesioni
vasculitiche, eritema solare; il controllo delle intolleranze alimentari può
essere di aiuto anche nella riduzione delle reazioni tipiche della psoriasi e
della dermatite atopica.
Sistema nervoso
Cefalea ed emicrania, astenia, difficoltà di
concentrazione, torpore mentale, sonnolenza, vertigini, affaticamento, sbalzi
d'umore, sindrome da stanchezza cronica, alcune forme di insonnia,
manifestazioni epilettiche con aura; in relazione a studi recenti che
coinvolgono la neurochimica cerebrale, anche aspetti nevrotici, tendenza
depressiva, ansia, iperattività e altri sintomi classica- mente neurologici
oggi possono essere aiutati anche da un controllo alimentare.
Apparato genito-urinario
Cistiti, vaginiti, infezioni, sterilità,
dismenorrea, candidosi, cistiti abatteriche (quelle in cui non sembra esserci
alcun batterio responsabile), ripetizione di queste patologie, enuresi,
mestruazioni abbondanti o dolorose o irregolari, endometriosi (in cui può
essere concausale), supporto alla fecondazione assistita, controllo di alcune
delle condizioni patologiche della gravidanza.
Sistema muscolare e articolare
Artrite reumatoide, mialgie, crampi, tendenza agli
strappi, dolori articolari, artriti in genere, comprese quelle reattive e
psoriasiche, spasmi, tremore, rigidità muscolare.
Metabolismo, diabete e
obesità
È stato osservato che esiste una relazione tra
intolleranza agli alimenti e sovrappeso. Controllando l'assunzione
degli alimenti che generano infiammazione si può ottenere una riduzione della
resistenza insulinica indotta dagli alimenti, una riduzione dei radicali liberi
con effetti a cascata sul metabolismo.
Altro
Edemi, gonfiore delle palpebre, del volto o delle
gengive, congiuntiviti, infezioni ricorrenti, afte, difficoltà di deglutizione,
ronzio auricolare, perdita di udito, aumentata sensibilità ai suoni, angina,
palpitazioni, tachicardia, infiammazioni venose o arteriose, vasculiti, anemia,
leucopenia, riduzione delle piastrine. È ormai sicuro che l'interferenza sul
sistema immunitario possa contribuire alla nascita di molte malattie autoimmuni
o reumatologiche quali artrite reumatoide, crioglobulinemia, morbo di Crohn,
colite ulcerativa, LES e alcuni casi di diabete e sindrome di Cushing.
Cause
Le infiammazioni da cibo e I fenomeni
di intolleranza alimentare (o ipersensibilità) sono spesso dovuti a
una specie di fenomeno di accumulo,
come se si trattasse di un avvelenamento progressivo, e gli effetti
sull'organismo sono talvolta di tipo subclinico, cioè non immediatamente
evidente, ma che giorno dopo giorno provocano la crescita di fatti infiammatori che
determinano malattie sicuramente impegnative.
Trattamento
Di fronte ad un possibile fenomeno infiammatorio
cronico, è importante prima di tutto confermare una diagnosi. L'evidenza di una
infiammazione da cibo può essere definita sul piano clinico, per la presenza di
sintomi e disturbi specifici, o può essere aiutata dalla valutazione dei valori
di BAFF e di PAF che caratterizzano il livello infiammatorio di ogni individuo.
I test usati fino ad oggi per la diagnosi delle intolleranze alimentari hanno
perso gran parte del loro significato, e sono comunque tutti
"non convenzionali".
Le indicazioni pratiche per il trattamento sono
quelle della impostazione di una dieta
che guidi il recupero della tolleranza alimentare, esattamente come avviene per
lo svezzamento del bambino. Non c'è un cibo cattivo, ed oggi l'immunologia
moderna riesce a guarire anche gravi
situazioni di allergia IgE mediata con una impostazione
alimentare. A maggior ragione questo avviene quando la reattività alimentare è
legata ad altri tipi di anticorpi.
Omeopatia
Spesso utile l'apporto di Histaminum 15 CH (e
vanno bene anche 12 CH e 30 CH. Questo rimedio una volta era chiamato
Orthohistaminum) per trattare forme acute di irritazione (prurito, rinite,
irritazione delle mucose eccetera) come sintomatico effettivo, al dosaggio di 3
granuli da assumere più volte in giornata in relazione al bisogno.
Fitoterapia
I migliori rimedi, in caso di infiammazione da
cibo, sono preparati ad azione antinfiammatoria a base di alcune piante
particolarmente utili in questo campo, come Zerotox Ribilla (al
dosaggio di 6 perle al giorno in fase acuta e di 2 perle al giorno in fase di
controllo) e Olio di Perilla (da
750 mg al giorno fino a 3 grammi in fasi acute) e Olio di Ribes nero (fino
a 6 grammi al giorno in fase acuta ma mediamente con dosaggi sui 2 grammi al
giorno).
È sconsigliato l'uso dei
gemmoderivati, non adatti a soggetti con intolleranza alle sostanze fermentate
e ai lieviti.
Oligoelementi
Manganese, Zinco, Rame sono quelli più indicati per
il trattamento.
Prevenzione
Un'alimentazione varia, una corretta digestione e
comportamenti che aiutano a sviluppare tolleranza, come l'abitudine a mangiare
prima di ogni pasto (prima colazione compresa) un pezzetto di frutta o di verdura
cruda (il famoso mantra del
"Crudo, Vivo e Colorato") sono alla base del mantenimento
della tolleranza immunologica e quindi impediscono la rottura dell'equilibrio e
la comparsa di intolleranze specifiche e di infiammazione da cibo.
La misurazione del livello delle citochine
infiammatorie correlate con il cibo (BAFF ad esempio) può essere un sostegno
utilissimo nel recupero della tolleranza e nel guidare la maggiore necessità di
adesione dietetica.
Se ripensiamo al passato, pratiche e comportamenti
semplici come la astensione rituale da alcuni alimenti un giorno alla settimana
(il venerdì di magro cristiano o il sabato kasher ebraico,
ad esempio) potevano essere sufficienti a interrompere lo stimolo continuativo
sul sistema immunitario e facilitare il controllo della reattività. In caso di
perdita di controllo, i normali meccanismi di difesa - che di solito si
manifestano con una reazione infiammatoria controllata - possono diventare così
intensi da produrre danni all'intero organismo.
“Tratto da Eurosalus”
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