lunedì 18 novembre 2013

Gonfiore addominale da intolleranze alimentari

Che le si dia il nome di colite, di “intestino irritabile” o semplicemente di “pancia gonfia”, il problema è sempre lo stesso: spesso all’improvviso, anche dopo aver mangiato pochissimo (magari anche cibi “indiscutibilmente sani”), si avverte un fastidiosissimo e “apparentemente inspiegabile” gonfiore addominale
 
Non si tratta solamente di un disturbo estetico, per “la maglia che tira”, ma di un vero e proprio disagio, legato a gonfiore e tensione addominale costanti che ci “appesantiscono” la giornata e non ci danno tregua; spesso sono associati anche crampi addominali, stitichezza o diarrea, flatulenza, meteorismo, ecc. 
 
C’è chi dà tutta la colpa allo stress o al mangiare di fretta, un panino e via, magari in piedi, senza prendersi le dovute pause…sicuramente questi fattori sono anch’essi concausa del disturbo, ma c’è di più.  
Immediato è il legame con l’alimentazione, causa diretta, senza ombra di dubbio, di questo disturbo; ma se è “legittimo” sentirsi gonfi e pesanti dopo un’abbuffata, non sembra invece giustificato il gonfiore che insorge dopo un pasto a base di cibi considerati “sani”, facenti parte dell’alimentazione di tutti i giorni. Le ragioni di questa inspiegabile “intolleranza” ai cibi quotidiani è insita in uno stile di vita, soprattutto alimentare, che ci porta, un po’ alla volta, alla perdita dell’efficienza dei complessi meccanismi del nostro intestino.

Condizione indispensabile per garantire la salute dell’intero organismo è il mantenimento dell’equilibrio della flora batterica intestinale (eubiosi). Ci sono più di 400 specie batteriche che vivono nel tratto gastrointestinale, costituendo un vero e proprio ecosistema, che protegge la mucosa intestinale facilitando i processi digestivi e assimilativi.  Purtroppo tale equilibrio è messo costantemente a dura prova a causa delle nostre abitudini alimentari e di stile di vita errati. Fin dalla nascita, infatti, il mancato o insufficiente allattamento al seno, la precoce introduzione del latte vaccino o errori durante lo svezzamento e, in seguito, nel corso della vita, l’abuso di farmaci (antibiotici soprattutto), gli inquinanti alimentari (metalli pesanti, additivi, conservanti e pesticidi), lo stress, le infezioni, ecc., alterano la composizione della flora batterica fisiologica.  

Quando l'equilibrio tra i vari gruppi e sottogruppi batterici viene a mancare (disbiosi), si creano le condizioni per la proliferazione di germi patogeni (clostridi, salmonelle, coli, candida, ecc.), il cui metabolismo, a carattere fermentativo (degli zuccheri) o putrefattivo (delle proteine), causa la formazione di quantità elevate di gas intestinali. 


Ne è un esempio tipico la candida, un fungo abitante abituale del nostro intestino che, in caso di disbiosi, ne approfitta per proliferare in modo anomalo, determinando una marcata fermentazione degli zuccheri, di cui si nutre, con il risultato di innescare un’anomala ed esagerata produzione di gas. 

La flora batterica intestinale adempie anche l’importante compito di coadiuvare i processi digestivi delle sostanze alimentari ingerite. Produce infatti enzimi aventi la specifica funzione di aiutare, completare e “rifinire” il lavoro digestivo svolto dal pancreas. In condizioni di disbiosi accade che i cibi che arrivano all’intestino non vengono adeguatamente demoliti nei loro nutrienti di base (acidi grassi, aminoacidi, monosaccaridi, ecc.), restando sotto forma di macromolecole indigerite; queste non possono essere assorbite dai microvilli intestinali e vanno incontro a fermentazioni o putrefazioni. Un esempio importante è il caso del lattosio; l’intolleranza al lattosio, estremamente diffusa, è determinata, oltre che da una scarsa produzione dell’enzima idoneo (lattasi) da parte del pancreas (l’enzima dovrebbe essere fisiologicamente presente nel lattante e poi calare gradatamente con l’età), anche dall’inefficiente sintesi di enzimi da parte della stessa microflora intestinale alterata (in disbiosi). Il lattosio, così indigerito, fermenta dando luogo a gonfiore e meteorismo.

Come se ciò non bastasse, quando la flora batterica benefica scarseggia, ne approfittano i microrganismi patogeni che, tra le altre cose, arrivano anche ad aggredire la mucosa intestinale.  

Venendo meno la moltitudine di batteri benefici, si riduce la loro azione protettiva: la mucosa intestinale è più esposta e diventa suscettibile all’aggressione delle sostanze tossiche e dei microrganismi patogeni (la stessa candida, accrescendosi, sviluppa delle ramificazioni con le quali si ancora alla mucosa causando delle vere e proprie perforazioni). In queste condizioni si creano dei veri e propri varchi tra le cellule e la mucosa diventa permeabile alle macromolecole alimentari indigerite e alle sostanze di scarto che altrimenti avrebbe respinto: l’intestino, da efficiente barriera selettiva, è ormai un “colabrodo”. Alimenti indigeriti e tossine fanno così il loro indesiderato ingresso nell’organismo: è questo il modo in cui si sviluppano le intolleranze alimentari.
La condizione per cui si inneschi un’intolleranza alimentare è perciò la perdita di integrità della mucosa intestinale e il venir meno delle sue funzioni digestive e protettive. In questa situazione, oltre a crearsi un ambiente malsano, con produzione di grandi quantità di gas, accade che i cibi indigeriti, invece di essere eliminati come scorie con le feci, riescono a superare la barriera mucosa, perché non integra. Si allerta perciò il sistema immunitario sottostante, che identifica queste macromolecole alimentari come estranee, nemiche, e attiva contro di esse una risposta difensiva. Si liberano di conseguenza grandi quantità di mediatori chimici e di cellule immunitarie (linfociti) che innescano una risposta di tipo infiammatorio. L’aggressione da macromolecole alimentari non viene generalmente considerata come un pericolo immediato da parte del sistema immunitario, quindi la reazione è lenta e nelle prime fasi silente (senza sintomi evidenti) e dose-dipendente, nel senso che per attivare i linfociti ad una risposta infiammatoria, l’attacco deve essere massiccio e prolungato. Questo spiega il motivo per cui le intolleranze alimentari si sviluppano verso gli alimenti assunti più frequentemente e che fino a quel momento “non hanno mai dato problemi”, almeno in apparenza. Tale stato infiammatorio cronico, leggero ma costante, dell’intestino, rimane silente fino a quando l’organismo non supera un certo limite, oltre il quale il sintomo si manifesta. Ad un certo punto, però, l’intestino infiammato diventa ipersensibile e non tollera più nulla: “ogni scusa è buona” per produrre gas, flatulenza, meteorismo….

martedì 5 novembre 2013

Intolleranze enzimatiche



Ci sono molte disaccaridasi nel nostro organismo ed ognuna prende il nome dallo zucchero che scinde; fra le più importanti ci sono : la lattasi, la fruttoidasi e la maltasi.
Le disaccaridasi sono degli enzimi localizzati sugli orletti a spazzola degli enterociti nell'intestino. Le disaccaridasi sono: maltasi, isomaltasi, lattasi e saccarasi.
Essi servono per trasformare (o meglio scindere) i principali disaccaridi  (saccarosio, maltosio, lattosio e isomaltosio) nei principali monosaccaridi; in grande quantità glucosio, ma anche fruttosio, galattosio e altre piccole quantità di pentosi ed esosi presenti negli alimenti.


Spesso sono provocate dalla mancanza e/o dall’alterazione di enzimi e succhi digestivi.
Normalmente gli alimenti devono essere ben digeriti e assorbiti dal sangue attraverso la mucosa nell'intestino tenue in modo che nell'intestino crasso arrivino solo l'acqua e i residui che non possono essere assimilati, come le fibre vegetali.
Se ciò non avviene arrivano nell'intestino crasso sostanze nutritive non digerite e i numerosi batteri in esse contenute, fermentano producendo gas e provocando forti spasmi intestinali.


Sull'orlo dei villi intestinali sono presenti degli enzimi che hanno il compito di scindere i disaccaridi, come il lattosio o il saccarosio, e gli oligosaccaridi derivati dalla digestione dell'amido.

Gli enzimi disaccaridasi sono, alcuni stabili al calore e altri no, e in condizioni normali (temperatura intestinale attorno ai 36°,5 – max 37°), sono capaci di una digestione quasi completa dei disaccaridi e degli oligosaccaridi, tanto che solo una quantità modesta di molecole raggiunge il colon in forma non digerita.
A livello del colon la flora batterica trasforma queste sostanze in idrogeno, metano, anidride carbonica e in acidi organici che contribuiscono a mantenere morbide le feci e a rendere frequenti i movimenti intestinali.
Nei soggetti con difetti di disaccaridasi primitivi o secondari e/o ad un difetto delle mucose intestinali, il colon viene raggiunto da una quantità maggiore di zuccheri non digeriti e questo determina un aumento delle fermentazioni intestinali, una produzione eccessiva di gas e di acidi e con la presenza, nel lume intestinale, di sostanze indigerite e dei loro metaboliti in quantità superiore alla capacità di assorbimento della parete intestinale.
Gli alimenti più fermentanti vi sono gli zuccheri raffinati, il latte vaccino, i formaggi vaccini stagionati e le carni grasse (suino e bovino soprattutto). In genere la fermentazione corrisponde alla disbiosi, ossia alla crescita abnorme di batteri patogeni nell'intestino. Tuttavia, alcune forme di fermentazione possono preparare alle intolleranze alimentari.

Nelle feci di questi soggetti vi sono sostanze riducenti, normalmente assenti, e nell'aria espirata è presente idrogeno.

I sintomi clinici di questo difetto (disaccaridasi) sono:
-          flatulenza
-          distensione addominale
-          borborigmi
-          dolori
-          diarrea
-          difetti nutrizionali (malnutrizione) e dipendono sia dalla quantità di zucchero ingerito che dall'entità del difetto enzimatico

Piuttosto comune tra i difetti di disaccaridasi è il deficit di lattasi nell'adulto. L'enzima generalmente è presente in modo normale alla nascita e nei primi anni di vita, ma dopo i 3 anni la sua attività incomincia a diminuire. Nei Paesi occidentali questo difetto enzimatico si manifesta sovente durante l'adolescenza ed è quindi distinguibile dalla forma congenita, evidente già alla nascita, e da quella tardiva e secondaria a malattie gastroenteriche. 

Come diagnosticarla ?

Accertare un’intolleranza può essere difficile. La base della diagnostica è data dall’anamnesi. Secondo il sospetto, possono essere eseguiti vari test (p.es. test genetico in caso di sospetto di intolleranza al lattosio, test respiratorio H2 per il sospetto di intolleranza al lattosio o malassorbimento del fruttosio). In mancanza di test adeguati, si procede a una dieta diagnostica.

Le intolleranze alimentari si suddividono nei seguenti gruppi.

Sindromi da malassorbimento: intolleranza al glutine (celiachia) e intolleranza al fruttosio (malassorbimento del fruttosio).

Intolleranza enzimatica: la mancanza di un enzima o un difetto enzimatico impediscono che determinate parti di un alimento possano essere (completamente) digerite. Note e congenite sono le intolleranze al fruttosio e al galattosio (galattosemia) ereditarie. Sono invece acquisite le intolleranze al lattosio, all’istamina, al saccarosio, al sorbitolo, il malassorbimento del fruttosio.

Intolleranza farmacologica: determinate sostanze contenute negli alimenti sono farmacologicamente attive e, se consumate in grandi quantità, possono provocare sintomi di intolleranza alimentare (intolleranza relativa): ammine biogene, come l’istamina nei pomodori, nel vino rosso e nel formaggio maturo, la feniletilamina nel cioccolato, la tiramina nel formaggio maturo o nel cioccolato, la serotonina nelle banane e nelle noci, il glutammato (intolleranza al glutammato) e la caffeina.

Intolleranze indefinite (reazioni pseudoallergiche agli additivi alimentari): i sintomi sono simili a quelli di un’allergia. In questo caso, si tratta però di reazioni ad alimenti naturali o a determinati additivi, come le lectine, i salicilati, gli acidi benzoici, i coloranti, gli emulsionanti, i solfiti e gli esaltatori di sapidità.

I sintomi di un’intolleranza alimentare possono essere vari. I più frequenti sono disturbi digestivi generali, come mal di stomaco, flatulenza, diarrea o stitichezza, malessere. Altre possibili reazioni sono stanchezza, irritabilità, eruzioni cutanee, mal di testa (emicrania), disturbi circolatori e reumatici ecc. Spesso, i disturbi si manifestano lentamente, per cui non è sempre facile collegarli a un’intolleranza.

Terapia e trattamento

Una volta stabilita la diagnosi, occorre evitare gli alimenti che provocano i disturbi. In caso di intolleranza al lattosio, al fruttosio e all’istamina, assieme a un consulente alimentare si stabilisce la tolleranza individuale. In caso di celiachia, invece, è imperativo osservare una severa dieta priva di glutine.
A livello farmacologico, in caso di intolleranza al lattosio si può assumere sotto forma di pastiglie l'enzima lattasi, in caso di intolleranza all’istamina l’enzima diaminossidasi.

Consigli

Se ingerite in piccole quantità distribuite durante il giorno, le pietanze contenenti lattosio, fruttosio e istamina sono meglio tollerate.
Oggi si trovano prodotti privi di glutine e lattosio anche presso i grandi distributori.
All’acquisto leggere sempre l’elenco degli ingredienti per essere sicuri di tollerare l’alimento.