sabato 18 gennaio 2014

Correlazione tra cibo e infiammazione intestinale cronica

Che cos'è l'infiammazione da cibo

La medicina moderna si confronta quotidianamente con fenomeni di infiammazione a bassa intensitàche spesso durano nel tempo e che per anni sono stati scarsamente compresi.  
Il mondo scientifico sta ancora dibattendo sul valore di un tipo di anticorpo o di un altro, quando la realtà clinica e la ricerca hanno già consentito di capire che qualsiasi cibo può provocare in persone sensibilizzate la produzione di citochine e sostanze infiammatorie che provocano tutta la sequenza di sintomi, malattie e disturbi messi precedentemente in relazione con le cosiddette intolleranze alimentari.

La scoperta che un alimento può indurre la produzione di BAFF(B Cell Activating Factor) e provocare tutti i sintomi infiammatori che usualmente sono ascritti al cibo risale a qualche anno fa, ma non è ancora stata applicata seriamente in ambito clinico.

La recente definizione della "Gluten sensitivity" (una intolleranza al glutine che provoca gli stessi sintomi della celiachia senza esserla e che riguarda anche il 20% della popolazione sana) ha gettato altre luci sui fenomeni infiammatori da cibo.
La reazione al glutine (spesso indistinguibile sul piano clinico da quella della celiachia) è dovuta solo alla attivazione delle reazioni infiammatorie difensive dell'organismo. In termini scientifici si parla della attivazione dei Toll Like Receptors 2 (TLR2), recettori che svolgono nell'organismo la funzione di segnalare un pericolo (in quel caso il superamento di un livello di soglia dell'assunzione alimentare ripetuta) e manifestano la reazione infiammatoria come fosse una "luce di allarme" perché si cambi il comportamento alimentare. Se poi l'avvertimento non è ascoltato, le conseguenze possono essere anche gravi.

Malattie immunologiche importanti come il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) o l'Artrite reumatoide sono sicuramente in connessione con questo tipo di infiammazione, ma senza arrivare a queste condizioni limite il semplice fatto di ingrassare in modo non compreso (per effetto sulla resistenza insulinica) o soffrire di colite è certamente in relazione con questi aspetti infiammatori. 

Grazie alle scoperte di Finkelman abbiamo capito che le Immunoglobuline G (IgG) nei confronti di un alimento possono essere semplicemente il segno di una attivazione immunologica nei confronti di quel cibo. Le IgG verso gli alimenti possono essere contemporaneamente espressione di tolleranza verso il cibo (riducendo le reazioni allergiche) o del suo contrario (aumentando la risposta allergica al cibo stesso). La direzione della reazione dipende dal livello di anticorpi e dal livello di antigene; quindi le stesse IgG verso gli alimenti devono essere valutate per quello che sono: un segnale dell'avvenuto contatto immunologico con l'alimento e una guida per impostare un approccio alimentare di riequilibrio verso quel gruppo alimentare o quell'alimento.  

Nel percorso alimentare verso la guarigione molti supporti naturali possono aiutare il recupero della tolleranza e il controllo della infiammazione.
Fitoterapici come olio di Perilla, olio di Ribes nero e Curcuma.
Antiossidanti come l'acido lipoico.
Riequilibranti intestinali come il colostro e alcuni ceppi di probiotici, senza dimenticare la potente azione di controllo antigenico esercitata dagli enzimi alimentari.  

Ipersensibilità al lievito di birra: gli Anticorpi Anti Saccharomyces Cerevisiae e il Crohn

La componente legata all'infiammazione da cibo è ormai riconosciuta come una delle cause delle malattie infiammatorie intestinali. Soprattutto dal momento in cui si è capita la realtà del BAFF (B Cell Activating Factor) nel determinare un'infiammazionenon solo a livello di tutti i distretti corporei ma soprattutto a livello intestinale.
Infatti già nel 1992 erano iniziati studi sull'effetto del lievito nelle patologie intestinali.

È stato inoltre evidenziato che il lievito e i fermenti introdotti con l'alimentazione (e quindi pane, grissini, crackers, formaggi, vino, alcolici, yogurt, aceto, ecc. (2)) sono molto spesso coinvolti nella genesi e nell'evoluzione della patologia di Crohn.

La reazione al latte o al frumento (3) è invece più frequente nella colite ulcerativa.

La domanda da porsi è: perché nessuno chiede ad un malato di Crohn di mangiare meno pane? La risposta, temiamo, tarderà molto ad arrivare. È indispensabile che il mondo medico si renda conto della forte importanza del cibo nel generare infiammazione e nel modularne gli effetti.
Lavori più recenti hanno consentito di definire il comportamento anticorpale nel Crohn (1).
Gli ASCA (Anti Saccharomyces Cerevisiae Antibodies) sia IgA sia IgG erano significativamente innalzati nel Crohn rispetto alla colite ulcerativa.
Un richiamo recentissimo segnala la presenza di ASCA anche nelle patologie autoimmuni epatiche. Dato da tenere ben presente in ambito clinico, sia per la frequente ipersensibilità alimentare ai lieviti che si ritrova nelle epatopatie, sia per il rischio connesso al fatto che la vaccinazione antiepatite B deriva da ingegneria genetica da Saccharomyces cerevisiae.

Il tema della ipersensibilità al lievito di birra nelle malattie infiammatorie intestinali (IBD) è un tema caldissimo.
Sappiamo infatti che uno dei marker della malattia è la presenza di Anticorpi Anti Saccharomyces Cerevisiae (ASCA) e questo indica che può esistere come causa o concausa di questo importante problema una ipersensibilità ai prodotti da forno e a tutti i prodotti fermentati.

Inoltre consideriamo il fatto che nel celiaco, che non può mangiare pane, la presenza di ASCA cala completamente e si azzera nel momento in cui la dieta viene seguita con correttezza.
Viene d'istinto pensare che anche nel Crohn o nella colite ulcerativa si possa ad esempio ridurre la reattività modificando l'aspetto dietetico e l'applicazione di una dieta che spesso, quasi nel 90% dei casi, nelle malattie infiammatorie intestinali riguarda il lievito e il latte.



NOTE

(1) Più di recente due studi effettuati su persone malate di malattia di Crohn hanno confermato non solo che c'è una forte componente dovuta al cibo, ma che l'analisi delle Immunoglobuline G verso i cibi consente di identificare le cause di un aggravamento e di trovare una via che aiuti la guarigione.
Il primo, pubblicato su Digestion, ha precisato che una volta identificati gli alimenti attraverso lo studio delle IgG, l'applicazione di scelte dietetiche connesse con i cibi indicati ha consentito un significativo ed importante miglioramento clinico (Bentz S et al, Digestion. 2010;81(4):252-64. doi: 10.1159/000264649. Epub 2010 Jan 30); il secondo, pubblicato da poco sul Turkish Journal of Gastroenterology, ha analizzato in uno studio pilota l'effetto di riattivazione del Crohn dato da un carico di cibi verso cui esiste una reazione IgG (Unuzismail H et al, Turk J Gastroenterol. 2012 Feb;23(1):19-27). In modo molto interessante questo lavoro ha valutato anche i livelli di calprotectina fecale nei soggetti trattati, scoprendo che la calprotectina si innalza significativamente sia nella astensione prolungata da un alimento (al decimo giorno), sia nel primo giorno di somministrazione e carico.


(2) Lieviti e prodotti fermentati

Oltre ai cibi che ne contengono direttamente, infatti, l'evidenza clinica indica che la maggior parte delle persone con una reattività verso i lieviti trae giovamento dal controllo a rotazione nella dieta anche di tutti i prodotti in cui sia comunque intervenuto un processo fermentativo.

Tutti i prodotti lievitati da forno: pane, crackers, grissini, fette biscottate, biscotti, prodotti di pasticceria e di panificazione in genere, compresi quelli detti “a fermentazione naturale”. La restrizione sui prodotti da forno va estesa anche ai cibi cotti in forno in cui sia contenuta farina. Anche in assenza di lievito, infatti, durante la cottura le farine subiscono una parziale lievitazione. Questo significa che anche il pane azzimo va incluso nell'elenco (la miscelazione e la cottura del pane azzimo determinano comunque un parziale processo di fermentazione, anche se ridottissimo), così come le fette tipo Wasa o altri tipi di pane e fette, anche se riportano la scritta “senza lievito”, ilpain croustillante, le piadine, la carta da musica sarda.

Funghi (essendo essi stessi miceti come i lieviti), sia che si tratti di champignons, porcini, funghi secchi o sott'olio.

Tutti i formaggisia freschi che stagionati (compresi ricotta, mozzarella e parmigiano), il tofu (formaggio di soia).

Miele e yogurt anche se a fermentazione naturale sia di latte animale che di soia.

Le bevande fermentate: birra, vino, tutti gli alcolici, il tè. Il bortsch, la tipica minestra russa a base di barbabietole latto-fermentate.

Condimenti: aceto (anche quello di mele), i dadi da brodo (in quasi tutti, anche in quelli naturali, sono presenti lieviti), la maionese industriale(per il suo contenuto di aceto) e le salse macrobiotiche (quasi tutte fermentate, come la salsa di soia e il tamari, il miso).

Tra i farmaci: estratti di lievito, molti integratori vitaminici (in particolare quelli del gruppo B che talora sono estratti da lieviti). L’eventuale uso di probiotici (fermenti lattici) va discusso col medico. Attenzione all’uso di tinture madri o macerati glicerici in quanto alcolici o di qualunque altro prodotto su base alcolica.  

Acido citrico: conservante contenuto in moltissimi alimenti in sostituzione del succo di limone (derivato dal fungo Aspergillus geneticamente modificato).

Frutta essiccata come uvetta (attenti a certi muesli), albicocche seccate, datteri seccati, ecc.


(3) Frumento e glutine

Per una corretta impostazione dietetica bisogna prendere in considerazione sia il grano tenero che il grano duro, anche la sola crusca e inoltre tutti i cereali che contengono glutine, come orzo, farro, kamut, segale.
Riteniamo l’avena uno dei cereali o delle leguminose indicati per la sostituzione (insieme a riso, miglio, grano saraceno, mais, quinoa, amaranto e soia).

Pane e prodotti da forno: pane bianco e pane integrale, grissini, fette biscottate, biscotti, dolci, torte, brioches, pasticceria fresca e secca, pizze, tartine.
Pani di altri cereali, come quello di avena, di mais, di orzo o di soia, sono quasi sempre misti: per renderli morbidi viene normalmente aggiunta una certa percentuale di farina di frumento.
Occorre quindi accertarsi della loro reale composizione e, in caso di dubbio, astenersi. Sono da sottoporre a restrizione alimentare anche i pani o prodotti da forno contenenti orzo (che contiene glutine come il frumento), ma anche di farro, segale e kamut in quanto, benché diversi dal punto di vista genetico si tratta di cereali che presentano una tale somiglianza con il frumento da impedire lo spegnersi della reattività immunologica (e quindi della sintomatologia).

Paste alimentari: ogni tipo di pasta alimentare di frumento (comprese quelle integrali e all'uovo) di preparazione sia industriale che casalinga. Anche in questo caso sono da sottoporre a restrizione alimentare anche le paste alimentari fatte con farina di farro, segale o kamut.

Crusca e preparazioni integrali miste: nel caso di prodotti multi-cereali, come per esempio i fiocchi per la prima colazione e alcuni spuntini (anche dietetici o integrali), è necessario accertarsi della esatta composizione.

Vari prodotti naturali o macrobiotici: semola, semolino, bulghur, cous cous sono tutti frumento in varie forme. La farina di kokkoh, il caffè di cereali ”yannoh” e il seitan ne contengono.

Impanature: sia con pangrattato, sia con farina di frumento sia con farine di cereali inadatti.

Il ca­ffè d'orzo contiene evidenti tracce di glutine e la sua assunzione deve quindi essere controllata.

Creme e salse di preparazione industriale: salse varie (ad esempio la salsa di soia e alcuni tipi di maionese), besciamelle, dessert, budini, gelatine; talora alcuni tipi di gelati industriali contengono farina di frumento come ”addensante”.

Birra, whisky e alcuni tipi di malto: oltre alle birre a base di frumento (tipo Weissbeer), in una prima fase della dieta va escluso qualunque tipo di birra in quanto non si può considerare il suo processo di produzione completamente esente da contaminazioni con il frumento o con il glutine. Lo stesso vale per il whisky: sia lo “scotch” che il ”single malt” devono essere controllati.

Coperture o croste di formaggi teneri: tipo Brie, Chamois, Camembert, ecc.

Preparati industriali contenenti semola di grano.


Prodotti recanti la dicitura ”leganti vegetali o cellulosici”.




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