venerdì 30 gennaio 2015

Permeabilità intestinale: approfondimento

Tra i disturbi più diffusi e che colpiscono indistintamente sia uomini che donne, vi rientra la sindrome da intestino permeabile che non permette all’organismo di assimilare correttamente i principi nutritivi contenuti negli alimenti e genera dolori localizzati nella pancia.
Solitamente, tende a manifestarsi con sintomi piuttosto generici come ad esempio dolori al basso ventre, gonfiore all’addome, irregolarità intestinale che può portare ad episodi acuti e più o meno prolungati di stitichezza o diarrea, tutti sintomi che possono fa scambiare la sindrome dell’intestino permeabile con un qualche malessere passeggero o stagionale.

In realtà la sindrome da intestino permeabile è imputabile ad un’unica causa, ossia la formazione lungo la sua parete di microlesioni, permanenti o transitorie, con manifestazioni lievi che di norma a questo stadio coinvolgono soprattutto le cellule (enterociti) della parete intestinale, fino ad arrivare a forme più gravi o addirittura croniche che tendono ad interessare l’intero spessore della parete stessa.

Tutto questo provoca l’incapacità dell’intestino di assorbire in maniera selettiva tutte le sostanze nutritive che provengono dalla digestione corretta degli alimenti.

Ma, da cosa sono provocate le lesioni alla parete intestinale?

Da molteplici cause tra cui i fattori virali o batterici, gastroenteriti favorite dal cambio di stagione, infezioni da funghi quali, ad esempio, la “Candida albicans”, provocate da terapie prolungate dovute all’assunzione di antibiotici e cortisonici, predisposizione genetica per lo più correlata a celiachia.
Ma non solo: anche l’adozione di un’alimentazione scorretta caratterizzata da pesanti carenze nutrizionali con un eccessivo contenuto di proteine (specialmente animali e grassi saturi) oppure una dieta vegetariana troppo pesante, oppure una pratica sportiva molto logorante.

Ma, come mai anche lo sport può essere una concausa?

La risposta sta nel fatto che durante l’attività sportiva, la circolazione si sposta nelle zone muscolari e se è molto prolungata, oppure avviene subito dopo i pasti, quando invece il flusso sanguigno dovrebbe essere invece orientato a supportare l’intestino, si arriva ad avere un ridotto nutrimento della parete intestinale sino a favorire l’insorgenza della sindrome da intestino permeabile.




Come si può curare?

Innanzitutto è necessario correggere la propria alimentazione, riequilibrando le diverse carenze nutrizionali ed introducendo acidi grassi essenziali, molto utili e necessari alla formazione della parete delle cellule intestinali.
Inoltre, dare i giusti intervalli di tempo tra un pasto e l’altro, permette all’organismo di completare la digestione in modo corretto.

Piramide ideale per ripristinare la corretta funzione intestinale



Lo stress condiziona il microbiota che altera la permeabilità intestinale

All’origine di molte patologie dell’apparato digerente oggi si considera il ruolo del microbiota intestinale soprattutto in relazione alla complessa interazione tra il sistema nervoso autonomo, l’asse ipotalamo-ipofisi, il surrene e il microbiota: la disregolazione di quest’asse può determinare molte patologie gastroenteriche.

Ruolo chiave in questo meccanismo è detenuto dal Fattore di Rilascio della Corticotropina (CRF). 

La famiglia dei peptidi CRF è espressa nel Sistema Nervoso Centrale e nell’intestino. Esplica un profondo effetto di modulazione della funzione intestinale attraverso la sua influenza sull’infiammazione, l’aumento della permeabilità intestinale, la maggiore percezione del dolore (ipersensibilità viscerale) e motilità intestinale.

In caso di stress, inteso come perturbazione dell’omeostasi, come primo evento si determina il rilascio di CRF dall’ipotalamo, con susseguente rilascio di ACTH e attivazione delle ghiandole surrenali. 
Esistono evidenze scientifiche che le reazioni indotte dallo stress provocano cambiamenti nella composizione della flora batterica con cambiamenti delle citochine proinfiammatorie e dei neurotrasmettitori che possono modificare direttamente o indirettamente il microbiota.






Una recente ricerca del dipartimento di psichiatria della irlandese Cork University, sull’ “Impatto del microbiota sul cervello e sul comportamento” ha fatto emergere che la comunicazione tra cervello e microbiota intestinale è a due direzioni, nel senso che si influenzano vicendevolmente, nel bene e nel male. Per esempio, una condizione di stress emozionale altera la composizione del microbiota e, a sua volta, una condizione di stress infiammatorio intestinale altera l’attività cerebrale.

Con quali meccanismi? Gli effetti dello stress cerebrale vengono mediati dal rilascio di cortisolo e adrenalina e noradrenalina che modificano l’equilibrio tra ceppi batterici e sistema immunitario locale; al tempo stesso gli ormoni dello stress rendono la barriera intestinale più permeabile ai ceppi patogeni presenti nella mucosa che quindi traslocano all’interno dell’intestino. In direzione opposta, un’alterazione del microbiota intestinale determina il rilascio di citochine infiammatorie che, viaggiando con il nervo vago e con il sangue, raggiungono il cervello.


La verifica della correttezza di questo ragionamento viene anche da studi sperimentali e clinici. C’è una certa evidenza clinica sul ruolo della somministrazione di probiotici nel ridurre l’ansia, diminuire la risposta di stress e migliorare l’umore in persone con Sindrome dell’intestino irritabile e fatica cronica.




mercoledì 28 gennaio 2015

Cure naturali per il morbo di Crohn

Attualmente 1,4 milioni di americani sono affetti dal morbo di Crohn o colite ulcerosa – una forma correlata di malattia infiammatoria intestinale, con disturbi che includono condizioni dolorose, debilitanti e stressanti che possono devastare la vita quotidiana.

L’ incidenza delle malattie è in costante aumento. Secondo The Crohn’s and Colitis Foundation of America, 70.000 nuovi casi vengono diagnosticati ogni anno.

Quali sono gli effetti della malattia di Crohn?

A differenza della colite ulcerosa, che si limita al grande intestino, il morbo di Crohn può attaccare qualsiasi parte del tratto digerente. Tuttavia, più comunemente colpisce il piccolo intestino, causando infiammazione e ulcerazioni, che nei casi più gravi possono erodere la vescica. 
Possono inoltre verificarsi infiammazione degli occhi e delle articolazioni  e le complicanze possono includere la malnutrizione, ostruzioni intestinali e cancro del colon. 
I sintomi della malattia di Crohn includono dolore addominale, diarrea, crampi dopo i pasti, diminuzione dell’appetito, febbre, perdita di peso e anemia. 
Convenzionalmente parlando, non esiste una cura per la malattia di Crohn, ma la medicina convenzionale tratta i sintomi con prescrizione di farmaci come mesalazina, corticosteroidi, soppressori del sistema immunitario e antibiotici. 
Naturalmente, questi trattamenti farmaceutici sono tutti dotati di effetti collaterali. 

Esistono sono sostanze naturali che è possibile utilizzare per contribuire ad alleviare i sintomi della condizione, contribuire alla guarigione intestinale e scongiurare le ricadute.

La vitamina D –  la “vitamina del sole” – combatte la malattia di Crohn in modo sicuro. La vitamina D – che molti ricercatori considerano protettiva contro il cancro, malattie cardiache e infezioni – sta mostrando la promessa per prevenire e trattare la malattia di Crohn.
In uno studio condotto presso la McGill University di Montreal e pubblicato nel 2010 in Journal of Biological Chemistry, i ricercatori hanno confermato che l’incidenza della malattia di Crohn è superiore nelle latitudini settentrionali e hanno teorizzato che la vitamina D dalla luce solare naturale, fornisce effetti protettivi. I ricercatori hanno trovato che le variazioni nei geni del recettore specifico per la vitamina D sono collegate a una vulnerabilità alla malattia di Crohn e colite ulcerosa ed hanno concluso che la carenza di vitamina D può contribuire allo sviluppo di IBD. 
La squadra ha espresso ottimismo per quanto riguarda ovvi rimedi come supplementi di vitamina D . Questo non è l’unico studio che attesta la necessità per i pazienti affetti da morbo di Crohn, di mantenere livelli di vitamina D adeguati (range ideale 80-100 ng/mL). 
Secondo uno studio del 2010 presentato dalla American College of Gastroenterology, carenza di vitamina D mette i pazienti IBD a maggior rischio di osteoporosi.

I probiotici aiutano a mantenere un sano equilibrio dei batteri nel tratto gastro intestinale. Dal momento che i ricercatori ritengono che la malattia di Crohn è causata dalla regolamentazione difettosa dei batteri intestinali, i probiotici – batteri vivi simili ai batteri benefici presenti nel tratto gastrointestinale umano – sono una scelta ovvia per aiutare a ritrovare l’equilibrio sano e mantenere agenti patogeni nocivi sotto controllo. 
Quando i ricercatori hanno cominciato a studiare gli effetti dei probiotici sui pazienti affetti da Crohn, hanno trovato che i probiotici possono aiutare a mantenere la malattia in remissione. Ma, alcuni batteri sembravano lavorare meglio di altri. Secondo l’Università del Maryland Medical Center (UMMC), un tipo di probiotici che contiene Saccharomyces Boulardi è stato particolarmente efficace nel contribuire a ridurre la diarrea. In una revisione scientifica pubblicata nel 2008 dal British Journal of Clinical Pharmacology, gli autori hanno riferito che S. Boulardi, se usato in combinazione con mesalazina, ha reso la mesalazina più efficace nel mantenere la remissione.

Lo zinco favorisce la guarigione intestinale, migliora  la permeabilità intestinale e impedisce la recidiva nella condizione. 
Lo zinco, un potente antiossidante, svolge un ruolo fondamentale nella guarigione delle ferite. UMMC afferma che questo minerale essenziale può aiutare a riparare le cellule intestinali nelle persone con malattia di Crohn. 
Inoltre, lo zinco può giocare un ruolo di là della semplice riparazione delle cellule. Pazienti affetti da morbo di Crohn sono suscettibili di permeabilità intestinale o “intestino permeabile” – che può innescare la ricaduta nei pazienti in remissione. 
In uno studio pubblicato nel 2001 in Malattie infiammatorie croniche intestinali, pazienti affetti da morbo di Crohn che erano stati in remissione da almeno tre mesi – ma che avevano sperimentato episodi di aumentata permeabilità intestinale in almeno due occasioni distinte  nei due mesi precedenti – sono stati trattati con integratori di zinco tre volte al giorno, per otto settimane. 
I ricercatori hanno trovato che lo zinco ha ridotto il rapporto lattulosio / mannitolo, un marker della malattia, nei pazienti. 10 su 12 partecipanti hanno sperimentato una normale permeabilità intestinale; 11 dei 12 evitato completamente la ricaduta. I ricercatori hanno concluso che la supplementazione di zinco potrebbero risolvere il problema dell’ “intestino permeabile” in pazienti affetti da Crohn in remissione e contribuire a mantenere la remissione.

Boswellia, un antico trattamento ayurvedico, nota anche come l’incenso indiano, è preziosa in Ayurveda per le sue proprietà anti-infiammatorie. 
Moderni ricercatori hanno notato che i suoi principi attivi, acidi boswellici, agiscono sopprimendo citochine infiammatorie e a differenza degli steroidi, non hanno effetti collaterali. 
UMMC considera la  Boswellia sicura e ben tollerata. 
In una recensione del 2008 pubblicata nel Journal of Medical Research, gli autori hanno dichiarato che la  Boswellia è efficace come la sulfasalazina e mesalazina nel trattamento della malattia di Crohn.

Stili di vita e scelte alimentari possono aiutare a proteggere contro la malattia di Crohn. 
L'ereditarietà e la genetica giocano un ruolo nello sviluppo della malattia così come l’esposizione alle tossine ambientali. Gli esperti sostengono che, come  accade in  innumerevoli altre malattie croniche, uno stile di vita sedentario, il fumo di sigaretta, la luce solare insufficiente e una dieta zeppa di alimenti trasformati e carica di grassi saturi, costituiscono un rischio per lo sviluppo del morbo di Crohn.

Mangiare cibi ricchi di antiossidanti e di fibre, alimenti freschi, biologici, frutta e verdura senza pesticidi – evitare alimenti trasformati, grassi saturi, tabacco e zucchero e un’adeguata attività fisica, sono semplici azioni che possono benissimo essere la vostra prima – e migliore – linea di difesa contro la malattia infiammatoria intestinale.







lunedì 26 gennaio 2015

Diabete di tipo 2 e la vitamina D

Il diabete di tipo 2 è dovuto sia all'insufficiente produzione di insulina dalle cellule beta del pancreas che all'insulinoresistenza, cioè alla scarsa sensibilità delle cellule all'azione dell'insulina. 
Nel fegato, l'insulina sopprime normalmente il rilascio di glucosio. Tuttavia, nella condizione di insulino-resistenza, il fegato rilascia impropriamente glucosio nel sangue.  La percentuale delle cellule beta non funzionanti differenzia la gravità della malattia.

Nello specifico inizialmente il fisico reagisce all'insulinoresistenza e tiene sotto controllo la glicemia aumentando la sintesi di insulina, dopo un certo tempo però questo meccanismo cede e anche la sintesi insulinica diminuisce, ponendo le basi all'insorgenza del diabete mellito.

Altri meccanismi, potenzialmente importanti, associati al diabete di tipo 2 ed alla insulino-resistenza sono:
- una maggiore ripartizione dei lipidi nelle cellule adipose,
- la mancanza di incretine 1)
- bassi livelli che aumentano la sensibilità all'insulina (es. testosterone, estrogeni, fattori di crescita insulino-simili etc.)
- elevati livelli di ormoni che inibiscono l'azione insulinica (es.glucocorticoidi 2), glucagone 3), mineralcorticoidi 4), adrenalina 5) etc.) l'aumento della ritenzione di acqua e sale dai reni e la regolamentazione inadeguata di metabolismo da parte del sistema nervoso centrale

Tuttavia, spesso l'insulinoresistenza per meccanismi di feedback, può anche portare riduzione della secrezione di insulina dalle cellule beta pancreatiche.
Molti sono i geni, gli alleli e le combinazioni alleliche che favoriscono l'insorgenza del diabete mellito, si possono citare ad esempio diversi appartenenti alla famiglia genica delle lipasi, diversi recettori dell'adrenalina, svariati alleli dei recettori dell'insulina etc.

I sintomi classici del diabete sono poliuria (minzione frequente), polidipsia (aumento della sete), iperfagia e perdita di peso. Altri disturbi comunemente associati a questa malattia sono astenia cronica, disfunzione erettile, ipogonadismo, infezioni alle vie urinarie,prurito, vista offuscata, neuropatia periferica, ricorrenti infezioni vaginali.
Molte persone non presentano sintomi evidenti durante i primi anni e l'eventuale diagnosi viene fatta con test di routine. Le persone con diabete mellito tipo 2 possono raramente presentarsi con coma iperosmolare-iperglicemico non chetosico (una presenza di glucosio nel sangue molto elevata, associata ad una diminuzione del livello di coscienza e ipotensione).


Condizioni diagnostiche del diabete  
Condizione
2HrPPG
2-Hours Post-Prandial Glucose
mmol/l (mg/dl)
Glicemia a digiuno
mmol/l (mg/dl)
 % HbA1c
Normale
<7.8 (<140)
<6.1 (<110)
<6.0
Alterata glicemia a digiuno
6.1 - 7.0 (110 - 126)
6.0-6.4
Alterata tolleranza al glucosio
7.8 - 11.1 (140 - 200)
Diabete mellito
≥11.1 (≥200)
≥7.0 (≥126)
≥6.5


1) Le incretine sono ormoni prodotti a livello gastrointestinale e sono principalmente:
GLP-1 (Glucagon-like peptide 1), prodotto dalle cellule L dell'ileo/colon;
GIP (Glucose-dependent insulinotropic peptide), prodotto dalle cellule K del duodeno.
Questi ormoni, secreti dopo i pasti, specialmente il GLP-1, hanno la funzione di controllare la glicemia in vari modi: aumentando la secrezione di insulina da parte delle cellule beta del pancreasdiminuendo la secrezione di glucagone (antagonista dell'insulina) da parte delle cellule alfa del pancreas; rallentando la motilità e dunque lo svuotamento gastrico (rendendo più "soft" la curva glicemica postprandiale) e diminuendo l'appetito.

2) I glucocorticoidi sono una classe di ormoni steroidei che, nell'uomo, sono prodotti in particolare nella zona fascicolata della corticale del surrene. La secrezione di glucocorticoidi è stimolata dall'ormone adrenocorticotropo (ACTH) adenoipofisario, la cui secrezione è a sua volta stimolata dall'ormone CRH ipotalamico. Il cortisolo è il principale ormone glucocorticoide e lo stress, sia fisico che emotivo è un importante stimolo per la secrezione di cortisolo. Per questo motivo a concentrazione elevate essi giocano un ruolo fondamentale nell'adattamento dell'organismo allo stress.

3) Il glucagone è un ormone peptidico secreto dal pancreas, esattamente dalle cellule α delle isole di Langerhans, che ha come bersaglio principale alcune cellule del fegato; esso permette il controllo dei livelli di glucosio nel sangue, affinché rimangano entro certi limiti: se il livello ematico di glucosio scende sotto una soglia di circa 80 - 100 mg/dl (= 0,8 - 1 g/l), le cellule α cominciano a secernere glucagone. 

4) I mineralcorticoidi sono corticosteroidi che concorrono alla regolazione dell'equilibrio idro-salino. Sono naturalmente prodotti nella zona glomerulare della corticale delle ghiandole surrenalioppure possono essere ottenuti mediante sintesi chimica, come nel caso del fludrocortisone (glucocorticoide di sintesi con azione antinfiammatoria e mineralcorticoide). Il principale mineralcorticoide è l'aldosterone, che viene secreto su stimolo mediato dal sistema renina-angiotensina-aldosterone.

5) L'adrenalina o epinefrina è un mediatore chimico tipico della classe dei vertebrati, un ormone e un neurotrasmettitore che appartiene a una classe di sostanze definite catecolammine, contenendo nella propria struttura sia un gruppo amminico che un orto-diidrossi-benzene, il cui nome chimico è catecolo. L'adrenalina è stata ritenuta per anni il neurotrasmettitore principale del sistema nervoso simpatico, nonostante fosse noto che gli effetti della sua somministrazione erano differenti da quelli ottenuti tramite stimolazione diretta del simpatico. È comunque noto che l'adrenalina, oltre che nella parte midollare del surrene (questo, anatomicamente nei soli mammiferi che così stratificano la ghiandola endocrina), viene liberata anche a livello di sinapsi del sistema nervoso centrale, dove svolge il ruolo di neurotrasmettitore. Per questo motivo e per il fatto di essere rilasciata al termine di una via riflessa che coinvolge sia il sistema nervoso che quello endocrino l'adrenalina rientra tra i neurormoni.


Vitamina D e diabete mellito

La carenza nutrizionale di vitamina D è diffusa non solo nell’adulto, ma anche nel neonato e nel bambino specie se allattati esclusivamente al seno: il latte materno infatti apporta scarsa quantità di vitamina D pari a circa 20 UI/L. È stato calcolato che circa un miliardo di persone presenta vari gradi di disvitaminosi D. 

La correlazione tra VD e T2DM nell’uomo è stata supposta sulla base del rilievo di peggioramento della qualità del compenso metabolico durante i mesi inverno-primavera sia in pazienti con T2DM sia in individui sani. Studi successivi hanno evidenziato un’associazione significativa tra ipovitaminosi D e aumento dei livelli degli indici di infiammazione nell’adulto in buona salute e nell’obeso.
Diversi studi sono stati indirizzati a valutare se la supplementazione di VD sia in grado di ridurre il rischio di sviluppare diabete e di migliorarne i parametri metabolici.
Un effetto positivo è stato osservato anche in tre studi condotti su soggetti a rischio per T2DM nei quali solo la somministrazione di VD ad alte dosi (2000 UI) ha indotto un miglioramento dei parametri di secrezione e sensibilità insulinica. Nell’ambito di trial di intervento condotti in pazienti con alterata tolleranza glicemica o T2DM già diagnosticato la VD invece si è rivelata globalmente inefficace nella correzione del compenso glicemico e degli indici metabolici.






giovedì 22 gennaio 2015

La dieta dei gruppi sanguigni

I gruppi sanguigni sono 4: gruppo 0, gruppo A, gruppo B, gruppo AB.

GRUPPO 0

I soggetti del tipo 0 presentano una maggiore tendenza alle seguenti affezioni morbose:
- disturbi della coagulazione;
- processi infiammatori;
- dolori articolari;
- ulcera gastroduodenale;
- manifestazioni allergiche.

La dieta e lo stile di vita ottimale sono riassunte nelle seguenti 10 linee guida:

1. Consumare carni magre (agnello, fegato, manzo, vitello, pollo, coniglio, anatra, tacchino) bilanciando l'apporto di proteine con l'assunzione di verdura e frutta.
2. Favorire il consumo di pesce, crostacei, frutti di mare, (ricchi di acidi grassi Omega 3), evitando aringhe in salamoia, caviale, pesce gatto, polpo, salmone affumicato, pesce salato, essiccato o conservato.
3. evitare o ridurre carne di maiale, salumi, insaccati, affettati, carni conservate, cibi in salamoia.
4. limitare il consumo di latte, latticini, formaggi e uova. E' consentito l'uso del burro, mozzarelle, fiocchi di latte magro, latte e formaggio di soia.
5. Limitare i prodotti a base di farina di frumento, mais e cereali (pane, pasta, polenta). Il glutine contenuto nei prodotti a base di frumento è ricco di lectine che frenano l'attività dell'insulina e rallentano l'utilizzazione energetica. Eliminando pane e pasta si ottiene, con facilità, un rapido calo ponderale.
6. Consumare frutta e verdura in abbondanza. Ridurre il consumo di ortaggi (cavoli, cavoli di Bruxelles, verze), in quanto potrebbero deprimere l'attività tiroidea. Limitare il consumo di ortaggi appartenenti alla famiglia delle Solanacee (melanzane, patate, ad eccezione dei pomodori) in quanto ricchi di lectine che tendono a depositarsi nelle strutture delle articolazioni, provocando processi infiammatori articolari dolorosi.
7. Privilegiare l'olio d'oliva, evitare i sottaceti. Il massimo potere antiossidante si manifesta nell'olio vergine.
8. Limitare il caffè, preferire il tè. Il caffè è controindicato per i soggetti di tipo 0, in quanto induce un incremento della secrezione gastrica e pancreatica. Sono pure da evitare le bibite frizzanti e a base di cola. E' consentito bere uno o due bicchieri al giorno di vino rosso, durante i pasti.
9. Evitare la sedentarietà. Praticare attività fisica regolare e intensa. Si può ridurre il peso e superare le condizioni di stress, vincendo tensione, stanchezza e depressione con una regolare attività fisica o sportiva.
10. In presenza di disturbi utilizzare fitocomplessi o infusi specifici adatti (Fieno greco, Liquirizia, Luppolo, Menta, Olmo, quercia marina, Rosa canina, Tarassaco e Tiglio)
Particolarmente efficace nel trattamento del sovrappeso e dell'obesità risulta l'impiego della Quercia marina (Fucus vesiculosus). Evitare preparati o infusi a base di Aloe, Bardana, Echinacea, Genziana, Rabarbaro, sconsigliati a motivo della loro attività stimolante sulle secrezioni gastriche e sul sistema immunitario o per la presenza di lectine dannose.

In definitiva si riassume in modo efficace la dieta e lo stile di vita più consoni al gruppo 0:
"Le persone con gruppo sanguigno di tipo 0 stanno bene seguendo una dieta ricca di proteine animali ed un programma di attività fisica intensa (...) Non tollerano bene i prodotti caseari e cereali".

GRUPPO A

I soggetti del tipo A manifestano più frequentemente la tendenza alle seguenti affezioni:
- anemia;
- affezioni epatiche;
- disturbi cardiocircolatori;
- diabete del tipo I°;
- neoplasie.

La dieta e lo stile di vita ottimale sono riassunte nelle seguenti 10 linee guida:

1. Preferire una dieta a base di cereali, legumi, verdure. Ottimale per il benessere delle persone appartenenti al tipo A è la dieta di tipo vegetariano.
2. Consumare frutta in abbondanza (almeno 3 volte al giorno).
3. Limitare o evitare il consumo di carne, introducendo semmai piccole quantità di pesce. Evitare il consumo di cibo conservato, salato, sotto-sale o affumicato (insaccati, salumi stagionati, carni conservate, cibi in salamoia).
4. Ridurre latte, latticini, formaggi. I soggetti che manifestano una produzione eccessiva di muco con affezioni di tipo catarrale a livello delle prime vie aeree (raffreddore, sinusite, otite, bronchite) dovranno limitare fortemente il consumo di latte e latticini. La soia e i suoi derivati sono particolarmente utili per i soggetti del tipo A.
5. Evitare i cibi precotti e le carni insaccate, conservate o affumicate.
6. Consumate pesce in piccole quantità (carpa, cernia, coregone, merluzzo, salmone, sardine, trota) escludendo i pesci piatti come le sogliole e le passere di mare, in quanto contengono un tipo di lectina particolarmente irritante per l'apparato digerente.
7. Consumare semi oleosi e frutta secca (riducono il colesterolo e proteggono cuore e vasi) Evitare noci brasiliane e pistacchio.
8. Contenere il consumo di prodotti a base di farina di frumento.
9. Praticare attività fisica rilassante (Yoga, bicicletta, attività natatoria, escursioni).
10. Utilizzare fitocomplessi o infusi specifici adatti (Aloe, Bardana, Biancospino, Camomilla, Cardo marino, Echinacea, Valeriana). Evitare preparati o infusi a base di Barba di mais e Rabarbaro.

In definitiva si riassume in modo efficace la dieta e lo stile di vita più consoni al gruppo A:
"Le persone di tipo A si sentono meglio seguendo una dieta vegetariana, un'eredità tramandata dai loro antenati che erano diventati stanziali, contadini e poco aggressivi (...). Per molti aspetti, il metabolismo del tipo A è l'esatto opposto di quello del tipo 0".

GRUPPO B

I soggetti del tipo B presentano una maggiore tendenza alle seguenti affezioni:
- sindrome da affaticamento cronico;
- diabete;
- malattie autoimmuni.

La dieta e lo stile di vita ottimale per i soggetti appartenenti al gruppo sanguigno B sono riassunte nelle seguenti 10 linee guida:

1. Seguire una dieta varia ed equilibrata. Il tipo B è dunque un perfetto onnivoro.
2. Consumare latte e latticini. Il tipo B è l'unico che tollera bene i prodotti caseari e le uova.
3. Consumare carni magre. Da evitare le carni di maiale, i salumi ed il pollo.
4. Limitare il consumo di salumi (salame, pancetta, prosciutto, salsicce, mortadella, affettati ed insaccati)
5. Consumare pesce, evitare i frutti di mare. Sono sconsigliati: acciughe, anguilla, cozze, gamberi, granchi, lumache, ostriche, polpo, vongole.
6. Consumare ortaggi a foglia verde e frutta in abbondanza.
7. limitare i prodotti a base di frumento e granoturco. In generale il tipo B non tollera le lectine presenti nel glutine del frumento e del granoturco. In particolare, il frumento induce un rallentamento sia del processo digestivo e di quello metabolico con la conseguenza di una tendenza all'accumulo di grasso, spesso associato a senso di stanchezza, ritenzione idrica ed ipoglicemia.
8. limitare il consumo di semi e frutta secca ricchi di lectine che non riescono a digerire (arachidi, nocciole, pistacchi, sesamo).
9. Praticare un'attività fisica moderata ed equilibrata Ideale per il tipo B è la pratica di attività fisica e sportiva che comporti un equilibrio tra componente fisica e mentale (esercizi aerobici, la bicicletta, il nuoto, il tennis, le arti marziali). Evitare sport eccessivamente competitivi (calcio, basket).
10. Utilizzare fitocomplessi o infusi specifici adatti (Eleuterococco, Ginseng, Liquirizia, Menta e Salvia). Evitare preparati o infusi a base di Aloe, Barba di mais, Fieno greco, Luppolo, Rabarbaro e Tiglio.

In materia concisa si coglie l'essenziale dei soggetti del gruppo sanguigno B in questa affermazione:
"Per molti aspetti, il tipo 0 e quello A sembrano essere uno opposto dell'altro. Il tipo B, invece, è dotato di caratteristiche del tutto uniche (...). La dieta del tipo B è molto bilanciata e include una grande varietà di alimenti".

GRUPPO AB

Il tipo AB presenta più frequentemente la tendenza alle seguenti affezioni:
- malattie cardiocircolatorie;
- anemia;
- neoplasie.

La dieta e lo stile di vita ottimale per i soggetti appartenenti al gruppo sanguigno AB sono riassunte nelle seguenti 10 linee guida:

1. Limitare il consumo di carni rosse, evitare carni insaccate, conservate o affumicate;
2. Consumare pesce e frutti di mare, importante fonte di proteine animali. Evitare acciughe, anguilla, aragosta, gamberi, granchi, ostriche, polpo, spigola, vongole.
3. Ridurre i prodotti a base di farina di frumento, in caso di sovrappeso, obesità e produzione eccessiva di muco con affezioni di tipo catarrale a livello delle prime vie aeree.
4. Limitare il consumo della pasta (1-2 volte alla settimana). Il riso è perfettamente digeribile per il tipo AB.
5. Consumare latte, latticini e formaggi. Soggetti che manifestano una produzione eccessiva di muco con affezioni di tipo catarrale a livello delle prime vie aeree (raffreddore, sinusite, otite, bronchite) dovranno limitare fortemente il consumo di latte e latticini.
6. Consumare ortaggi, in particolare pomodori e frutta in abbondanza.
Gli antiossidanti presenti nel succo di pomodoro inibiscono la formazione di composti N-nitroso ad alta attività cancerogena. Particolarmente indicati sono i frutti alcalini (prugne, uva, frutti di bosco) e l'ananas. L'uva nera contiene numerosi polifenoli antiossidanti e anticancro (920 mg/Kg.). Nell'uva è presente, inoltre, l'acido ellagico, ad azione anticancro contro i tumori di esofago, fegato, polmoni e pelle.
7. Privilegiare i grassi vegetali, in particolare l'olio d'oliva. Evitare l'aceto ed i sottaceti. Evitare l'uso dell'aceto e del pepe, in tutte le varietà.
8. Vino rosso,caffè e thè sono bevande adatte. Il vino rosso aumenta la protezione cardiaca e vascolare inducendo un aumento del colesterolo "buono". E' bene bere uno o due bicchieri al giorno di vino rosso, durante i pasti. Negli ultimi anni si è scoperto il ruolo antiossidante e anticancro del tè verde.
9. Preferire attività fisica e sportiva rilassante e moderatamente impegnativa (Yoga, Tai Chi, passeggiate, bicicletta, nuoto, tennis).
10. Utilizzare fitocomplessi o infusi specifici adatti (Biancospino, Camomilla, Cardo mariano, Echinacea, Eleuterococco e Valeriana). Evitare preparati o infusi a base di Aloe, Barba di mais, Fieno greco, Luppolo, Rabarbaro e Tiglio.

Si riassume in modo efficace la dieta e lo stile di vita più consoni al gruppo AB:
"Il gruppo AB è relativamente giovane e raro: ha fatto la sua comparsa meno di mille anni fa ed è posseduto solo dal 2/5% della popolazione (...) La presenza di due antigeni, infatti, conferisce caratteristiche simili, per certi aspetti, a quelle del gruppo A, per altri a quelle del gruppo B, e per altri ancora a una fusione di entrambi i gruppi".








giovedì 15 gennaio 2015

Le solanacee... amiche o nemiche ?

Le solanacee sono: patate, peperoni, peperoncino, melanzane e pomodori.

La frase tipica che si trova accanto alla categoria “solanacee” è: “meglio non esagerare, poiché contengono la solanina, un alcaloide tossico“.
Cosa è un “alcaloide”? Perché tossico? E in che modo? Per quali organi? E in quali quantità?

Alcaloide: gli alcaloidi sono sostanze di origine perlopiù vegetale. Non è un raggruppamento basato sulle caratteristiche chimiche, ma su come interagiscono con l’organismo. Il gruppo degli alcaloidi è vasto e comprende sostanze quasi innocue e sostanze molto velenose: sono alcaloidi la nicotina, la caffeina, la teobromina (cacao), la capsaicina (gusto piccante del peperoncino) ma anche la tubocurarina (curaro) o la coniina o cicutina (cicuta).
Gli alcaloidi contenuti nelle solanacee sono per lo più glicoalcaloidi (alcaloide + zuccheri) di bassa tossicità, il più conosciuto dei quali è la solanina.

Ruolo biologico: la pianta le produce come pesticidi naturali. Le solanine fungono da reppellenti per insetti e vermi, insetticidi, funghicidi e battericidi.

Tossicità e benefici: le solanine agiscono sui tessuti dell’apparato digerente, le cui pareti cellulari, oltre una certa quantità, vengono danneggiate, e sul sistema nervoso, bloccando la trasmissione degli impulsi fra le cellule nervose.
A dosi tossiche per ingestione i sintomi sono vomito, dolori addominali, disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini, confusione mentale. A dosi mortali la complicanza maggiore è il blocco cardiorespiratorio.
Oltre alla tossicità acuta è stata esaminata anche la tossicità cronica, legata a lunghi periodi di basse o bassissime assunzioni. Nonostante le ricerche siano numerose i risultati sono ancora non del tutto certi e anche controversi.
Il primo effetto cronico che si sospetta riguarda il metabolismo del calcio. Questo sembra essere destabilizzato dal fatto che la solanidina ha una molecola molto simile alla vitamina D3, fino al punto di favorire il prelievo di calcio dalle ossa e il suo deposito in giunture e tessuti molli. Questo peggiorerebbe dolori articolari, artrite, artrosi nei soggetti geneticamente predisposti.
Il secondo riguarda la psoriasi. Nei soggetti predisposti la somiglianza della solanidina con la vitamina D3 ingannerebbe i recettori presenti nella pelle che si occupano di moderare la proliferazione cellulare. Con la vitamina D3 i recettori si attivano, con la solanidina no, peggiorando o scatenando la malattia.

Per contro bisogna sempre tenere conto degli indubbi e dimostrati effetti positivi sulla salute delle solanacee, di gran lunga maggiori del rischio alcaloidi.
Come dimenticare gli antiossidanti di pomodori e peperoni? Vitamina C in quantità enormi, carotenoidi fra cui il licopene, polifenoli a centinaia, vitamine, sali minerali forniti generosamente anche da melanzane e patate. Per non parlare delle fibre, solubili e insolubili.
Come ulteriore incoraggiamento sono poi cominciati gli studi per capire se i glicoalcaloidi delle solanacee possono avere anche ruoli positivi (anticancro, e sembra anche antivirali), come li hanno ad esempio gli isotiocianati delle crucifere, anch’essi tossici ad alte dosi (ad esempio bastano già 500 gr di cavoli per influire negativamente sul metabolismo dello iodio nella tiroide), ma per l’uomo validi anticancro.

Come eliminiamo le solanine che mangiamo?

Una sintesi plausibile di quanto si sa finora è questa: le solanine presenti nei cibi vengono eliminate, o meglio non assorbite, fino al 70-80% con feci e urine nel giro di 24 ore. Quelle che vengono assorbite e si accumulano negli organi hanno un’emivita (cioè un tempo di dimezzamento) di 30-60 giorni.
Vuol dire che se volessimo eliminare completamente dal nostro organismo le solanine assorbite finora dovremmo evitare le solanacee per parecchi mesi.

Le quantità di solanine che si trovano negli ortaggi che consumiamo variano molto in base allo stato di conservazione, maturazione e attacchi che la pianta ha subìto prima della raccolta.
Le coltivazioni di solanacee usate al giorno d’oggi sono frutto di lunghe selezioni, che ne hanno abbassato in molti casi i livelli di solanine. Le varietà selvatiche, più soggette ad attacchi esterni, ne contengono di più.





Patata: riguardo le solanine è l’ortaggio più studiato, a causa del suo maggior consumo.
Le qualità coltivate al giorno d’oggi alle nostre latitudini sono poco ricche di solanine, in media 75 mg per kg di patate sane (non verdi né germogliate), dunque la dose tossica si raggiunge con circa 3 kg di patate in un solo giorno, quella potenzialmente letale con 6 kg.
Patate verdi e germogliate possono avere da 200 a 1000 mg per kg di solanine, praticamente immangiabile, ed è così che il nostro organismo ci avverte di non mangiarla in quelle condizioni.
La solanina si concentra subito sotto la buccia (fino all’80%, per difesa da agenti esterni), dunque sbucciandola il contenuto cala parecchio, e la bollitura in acqua ne diluisce un po’ la concentrazione.
Dunque la dose tossica per patate sane sbucciate sale a più di 10 kg in un giorno, quella potenzialmente letale molto oltre i 20 kg, dosi impossibili.

Nelle patate la solanina aumenta con i tagli superficiali (patate rovinate), la luce solare (ma anche di lampade fluorescenti, come nei supermercati, per i raggi UV), la germogliazione, l’inverdimento, ed è più alta nelle patate meno mature (troppo novelle) e molto piccole (patatine da forno).

Processi che concentrano molto il peso delle patate (patatine fritte in busta) possono alzare il contenuto di solanina nel prodotto finale.

Solanina e chaconina, i glicoalcaloidi maggiormente presenti nelle patate, sono considerati i più tossici, con in testa a tutti la chaconina. Viste comunque le quantità, se si usano patate sane e sbucciate si può stare più che tranquilli.

Pomodori: il glicoalcaloide principe è la tomatina, dalla tossicità piuttosto bassa. Nei pomodori verdi può andare da 90 a 300 mg per kg, che in quelli quasi maturi scende a 20/30 mg per kg, una dose che diventa quasi trascurabile nel pomodoro perfettamente maturo dal colore rosso intenso.
Salsa di pomodoro e concentrato di pomodoro, in genere fatti con pomodori ben maturi contengono quantitativi irrisori di solanina e tomatina.

Il pomodoro risulta la solanacea più sicura e salutare, viste le basse dosi di solanina e tomatina, la bassa tossicità della tomatina in particolare e gli altri pregi nutrizionali di cui si può vantare.

Peperoni: le varietà rosse e gialle, ben mature, hanno meno di 80-90 mg/kg di solanine. Le varietà verdi non ne hanno tante di più, ma visto il minor quantitativo di carotenoidi hanno alla fine un valore nutrizionale minore.

Melanzane: solasonina e solamargina sono poco tossiche, probabilmente appena poco più della tomatina, e nelle melanzane si concentrano soprattutto nella buccia.

Dunque la risposta alla domanda del titolo è: mangiamole senza troppi problemi nel contesto di una dieta varia, nella quale dunque non si abbonda esageratamente di nulla. Non si può mangiare verdura solo sotto forma di solanacee, come non si può esagerare con le crucifere (isotiocianati anche loro virtualmente tossici), con la frutta (poliammine che possono favorire le cellule tumorali), con i formaggi (grassi saturi), con la carne (acidosi), con la pasta integrale (fitati non neutralizzabili), con gli spinaci (ossalati) ecc. In una dieta naturale ben condotta, quindi molto differenziata, non si riesce ad abusare di un solo tipo di alimenti.




mercoledì 14 gennaio 2015

I cibi che danneggiano la mucosa intestinale (e favoriscono la leaky gut)


Tutte le malattie autoimmuni partono dalla leaky gut (artrite reumatoide, spondilite anchilosante, malattie infiammatorie intestinali quali Morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, la celiachia, la sclerosi multipla, il diabete di tipo 1. 

Nello sviluppo delle malattie autoimmuni viene prima la leaky gut e poi lo sviluppo vero e proprio con i sintomi dalla malattia!!

Ci sono varie cause della leaky gut: infezioni virali e batteriche, disbiosi intestinale, diete scorrette ricche in grani, alcol, allergie alimentari IGE e sensitività alimentari IGG, medicamenti quali aspirina e farmaci anti infiammatori non steroidei, stili di vita con stress cronico, poco sonno, iperattività, ecc. 

I cibi che maggiormente irritano l'intestino e possono causare la sindrome dell'intestino poroso, chiamato in inglese "leaky gut" sono i seguenti:

- grano
- legumi
- latticini

(E' consigliato anche evitare cibi industriali pieni di conservanti e coloranti, e gli zuccheri in generale).

Vediamo nel dettaglio perché.

GRANO e LEGUMI

Contengono LECTINE. Sono il grano, il mais, l'avena, l'orzo, riso, arachidi, soia, fagioli, fagiolini, ecc. 

Le lectine fanno parte della difesa della pianta, e per noi sono indigeste e causano danni al nostro intestino. 



Il GLUTINE contenuto nei cereali è la lectina più pericolosa !! 
Danneggia anche l'intestino di chi non è celiaco !! 


LEGUMI E PSEUDO-GRANI

Contengono SAPONINE.
Specialmente gli pseudocereali quali quinoa e amaranto contengono molta saponina. 




GRANI, PSEUDOGRANI E LATTICINI


Contengono INIBITORI DELLA PROTEASI. Il grano saraceno in particolare ne contiene molto. 

I latticini sono molto problematici da questo punto di vista, il latte specialmente, andrebbe proprio eliminato dalla dieta dopo lo svezzamento.