mercoledì 30 luglio 2014

Intossicazione acuta da veleni animali

Ecco gli animali i cui morsi sono pericolosi per l'uomo.

VIPERA




MORFOLOGIA: testa piatta triangolare, più' larga del collo, ricoperta di placchette piccole e di forma irregolare. Pupilla ellittica e verticale.
Corpo lungo 45-100 cm, tozzo, spesso a coda breve, ricoperto da squame carenate, non sempre sormontato da una riga romboide nera. Massima varietà' di colorazione (grigio, bruno, rossastro, giallastro, olivastro, arancione, nerastro, nero) e di ornamentazione; la parte inferiore dell'apice della coda e' spesso di colore arancione.
HABITAT: zona mediterranea, dalla fascia sud-mediterranea a quella mediterraneo-altomontana; zona medio-europea, zona atlantica. Capace di vivere in tutti gli ambienti dal livello del mare fino a 3000 metri sulle Alpi italiane. Distribuzione: Spagna nord-est, Francia, Germania sud-ovest, Svizzera nord-ovest, Italia continentale, peninsulare ed isole di Montecristo, Elba, Sicilia, Jugoslavia e Bulgaria.
AMBIENTI A RISCHIO: luoghi caldi ed aridi, sotto i sassi, in mezzo ad arbusti e siepi; temperatura ottimale 15-35 ° C. Attacca solo se senza via di uscita o se colpita.
TOSSINE: proteine con attività' enzimatica: fosfolipasi, l-aminoacidossidasi, fosfodiesterasi, nucleotidasi, fosfomonoesterasi, deossiribonucleasi, ribonucleasi, adenosintrifosfatasi, ialuronidasi, nad-nucleosidasi, arilamilasi, peptidasi.
Enzimi: endopeptidasi, arginina-estereidrolasi, chininogenasi, enzima trombinosimile, attivatore del fattore X e attivatore della protrombina. Colesterolo, lecitina, sostanze lipidiche, riboflavina (responsabile del colore giallo caratteristico di alcuni veleni), ioni metallici e non metallici, sodio, potassio, calcio, zinco, rame, manganese, ferro, cobalto, alluminio, argento, fosforo, ioni cloruro.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: morso tramite 2 denti scanalati che, in genere, provocano 2 incisioni distanti tra loro 6-8 mm.
MECCANISMO DI TOSSICITA': il veleno e' formato da vari enzimi ad azione diversa:
azione neurotossica: agisce sia mediante una colinesterasi, distruggendo l'acetilcolina muscolare, sia con azione curarizzante
reazione anafilattica con possibile insorgenza di shock
azione citotossica e necrotizzante
azione emorragica: tramite enzimi che, a piccole dosi, agiscono sulla coagulazione gelificando il fibrinogeno e provocando trombosi vascolari, ad alte dosi lisando lo stesso e provocando emorragie
azione danno diretto sull'endotelio dei capillari.
SINTOMATOLOGIA: è caratterizzata da sintomi locali, specifici ed estremamente importanti per la diagnosi e da una serie di sintomi a carattere sistemico, aspecifici data la notevole variabilità di azione degli enzimi contenuti nel veleno.
I sintomi locali consistono nella comparsa, nel punto del morso, di edema duro, dolore intenso, arrossamento e fenomeni necrotici, espressione della intensa reazione infiammatoria che, col passare del tempo si estende in senso centripeto coinvolgendo tutto l'arto. I classici due punti in cui sono penetrati i denti del rettile non sono sempre visibili perché mascherati dall'edema infiammatorio. I segni locali sono un fattore determinante per la diagnosi.
I sintomi sistemici, aspecifici e molto variabili, vanno dai fenomeni trombotici, per attivazione del fibrinogeno, alle sindromi emorragiche, per attivazione della plasmina; inoltre possono presentarsi disturbi cardiocircolatori di tipo vasoparalitico (ipotensione e shock) o al contrario fenomeni da attivazione del sistema simpatico. E' possibile la necosi tubulare con conseguente insufficienza renale. Il sistema nervoso centrale può essere depresso (coma) o, al contrario, "eccitato" (convulsioni).
DIAGNOSI: è basata sui dati anamnestici e sul riscontro della reazione locale, ricordando che i classici due punti in cui sono penetrati i denti del rettile non sono sempre visibili perché mascherati dall'edema infiammatorio. La sintomatologia sistemica, per la sua aspecificità, non è diagnostica ma è utile nell'inquadramento generale del paziente e, soprattutto, per intraprendere le decisioni terapeutiche.
REPERTI LABORATORIO e STRUMENTALI: ipofibrinogenemia, allungamento del tempo di protrombina, leucocitosi, neutrofilia, trombocitopenia, ematuria, urobilinuria, inversione dell'onda T, deviazione del tratto ST
TERAPIA: è controindicato incidere, succhiare il veleno, applicare laccio emostatico, cauterizzare.
Bisogna, invece, mantenere calmo il paziente, immobilizzare l'arto colpito ed applicare una benda elastica larga 7-10 cm e lunga 6-12 m (dopo aver tolto orologi ed anelli), sia a monte che a valle della zona colpita, cercando di comprimere in modo da rallentare al massimo la circolazione linfatica senza pero' alterare quella arteriosa: per esempio, in caso di morso alla mano, occorre fasciare almeno fino al gomito e, possibilmente, immobilizzare l'arto applicando anche una stecca rigida. In presenza di sintomi sistemici importanti e conclamati, ma solo in ambiente ospedalierio, possibilmente in reparto di terapia intensiva, somministrare il siero antiofidico per infusione (1 fiala in 250 ml di soluzione glucosata al 5%), tenendo presente la possibilita' di insorgenza di shock anafilattico da siero eterologo. Se la prima infusione di siero non e' stata risolutiva, ripetere un'altra dose. Dal 1994 sono disponibili frammenti purificati di fab ovini, purtroppo non in commercio in Italia. I Fab, essendo privati della parte antigenica del frammento fc della gamma-globulina sono gravati di una minore incidenza di reazioni allergiche nel paziente. Il trattamento consta dell' inoculazione di 2 fiale diluite in 250 ml di soluzione fisiologica da somministrare in unica soluzione in 1 ora. La dose e' invariata per adulti e bambini. Per il resto la terapia è sintomatica, sia per i sintomi locali che sistemici, e di supporto.

APE



MORFOLOGIA: imenottero di colore nero a striscie gialle.
HABITAT: vario
AMBIENTI A RISCHIO: nelle vicinanze dell' alveare.
TOSSINE: enzimi: ialuronidasi, fosfolipasi A, fosfolpipasi B, esterasi, fosfatasi. Mega-peptidi: mellitina, peptide ad azione degranulante sulle mast cellule, apamina, minimine, cardiopeptide, inibitore di proteasi. Micro-peptidi: istamina, procamina, fosfolipidi. Di ancora incerta definizione: 5-idrossitriptamina, dopamina, nor-adrenalina, acido vanilmandelico.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: inoculazione del veleno tramite aculeo.
MECCANISMO DI TOSSICITA': non tutti i componenti del veleno dell' ape sono stati ancora identificati, trattandosi di una composizione molto complessa e variabile in relazione alla stagione ed all' eta'. La ialuronidasi e' l' enzima responsabile della diffusione del veleno nei tessuti. La mellitina e il peptide "mast cell degranulating" sono responsabili della reazione dei mastociti. Il contenuto in istamina varia in relazione all' eta' ed alla stagione. La fosfolipasi sarebbe responsabile della contrazione dei muscoli lisci, della ipotensione, aumento della permeabilita' capillare. La localizzazione della puntura determina la gravita' dei sintomi.
SINTOMATOLOGIA: immediati: dolore, ponfo, edema, macchie. Descritta una sindrome meningea da puntura alla faccia, al labbro superiore, al collo. Possibili, in individui sensibilizzati, o per punture multiple: edema generalizzato, broncocostrizione, crampi addominali, nausea, vomito, vertigini, ipotensione, shock anafilattico, insufficienza renale, possibile emolisi acuta.
TERAPIA: estrarre l' aculeo facendolo saltare con una lama di coltello o altro, evitando accuratamente la rimozione con pinze che spremono il sacco velenifero, determinando l' inculazione totale del veleno. Applicazione di ghiaccio. Disinfezione ed applicazione di pomata a base di corticosteroidi. I sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati con la terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi elevate).

VESPA



MORFOLOGIA: imenottero di colore nero a striscie gialle.
APPARATO VELENIFERO: consiste di un sistema ghiandolare, un sacco velenifero ed un aculeo dentellato per l' inoculazione del veleno. A differenza dell' ape, la vespa non lascia l' aculeo nella cute della vittima: infatti, il sacco serve soltanto da contenitore, non essendo provvisto di muscolatura. Ciò significa, praticamente, che la vespa può pungere ripetutamente a differenza, appunto, dell'ape che muore, perdendo l'aculeo, dopo aver punto. La ghiandola, detta "acida", e' responsabile della secrezione del veleno.
HABITAT: vario
AMBIENTI A RISCHIO: gli individui portatori dell'aculeo sono le femmine (sia quelle feconde che quelle non, operaie). Esse pungono in genere se colpiscono o vengono colpite da un ostacolo e soprattutto per la difesa del nido. La loro aggressività' aumenta con le temperature elevate e quando i nidi sono molto popolati.
TOSSINE: istamina, serotonina, acetilcolina, dopamina, noradrenalina, adrenalina, chinine, enzimi: ialuronidasi, fosfolipasi A, fosfolpipasi B, esterasi, colinesterasi, proteasi.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: inoculazione del veleno tramite un aculeo che si trova all'estremo posteriore dell'addome ed in posizione di riposo e' ritratto. A differenza dell'ape, la vespa non lascia l' aculeo nella cute della vittima.
MECCANISMO DI TOSSICITA': non tutti i componenti del veleno della vespa sono stati ancora identificati, trattandosi di una composizione molto complessa e variabile in relazione alla stagione ed all'età'. La ialuronidasi e' l'enzima responsabile della diffusione del veleno nei tessuti. Il contenuto in istamina varia in relazione all'età' ed alla stagione. La fosfolipasi sarebbe responsabile della contrazione dei muscoli lisci, dell'ipotensione e dell'aumento della permeabilità' capillare. La localizzazione della puntura determina la gravita'.
SINTOMATOLOGIA: esattamente riconducibile a quella causata dalla puntura di ape
TERAPIA: applicazione di ghiaccio, disinfezione, applicazione di pomata a base di corticosteroidi.
Anche in questo caso, i sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati con la terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi elevate).

SCORPIONE ITALIANO



MORFOLOGIA: piccolo, corpo lungo 5-7 cm., di colore scuro, porta 2 cheliceri anteriori (pinze), coda segmentata provvista di aculeo.
APPARATO VELENIFERO: e' situato in posizione terminale sull'ultimo anello della coda. e' formato da una ghiandola doppia.
HABITAT: diffuso nei luoghi aridi.
MECCANISMO DI TOSSICITA': lo scorpione italico e' generalmente non tossico.
SINTOMATOLOGIA: generalmente nessuna. Possibili: dolore locale, edema, eritema; rare le reazioni allergiche.
TERAPIA: disinfezione e sieroterapia antitetanica. Se necessario applicazione di pomate cortisoniche. Usuale trattamento di eventuali (rare) reazioni sistemiche.

TRACINA



MORFOLOGIA: lunghezza 20-40 cm, testa tozza, bocca a taglio obliquo, occhi posti superiormente (molto ravvicinati tra loro), due spine dorsali, due aculei opercolari, dorso bruno-giallastro, ventre biancastro.
HABITAT: mare: fondo sabbioso, vicino alla riva. Abbonda nel mar mediterraneo, lungo le coste del sud dell'Inghilterra e nelle zone meridionali del mare del nord. E' un pesce commestibile.
AMBIENTI A RISCHIO: nella maggior parte dei casi l'intossicato e' un pescatore che si punge nel togliere il pesce dalle reti o dall'amo. Negli altri casi quando si poggia il piede su fondi sabbiosi, dove la tracina si nasconde molto frequentemente.
TOSSINE: adrenalina, noradrenalina, sostanza liberatrice di istamina. Tossina termolabile.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: apparato pungente che inietta veleno.
SINTOMATOLOGIA: dopo 1-30 min: dolore (dal punto ferito si irradia), edema, colorazione cianotica della cute attorno alla ferita. Reazioni generalizzate: brividi, ipertermia, sudorazione, artralgie, vomito, agitazione psicomotoria. Nei casi più gravi: convulsioni, allucinazioni, dispnea, palpitazioni. Nei giorni successivi: adenomegalia, linfangite. Possibili emolisi e nefropatia.
TERAPIA: immediata: immersione dell'arto in acqua quanto piu' possibile calda (tossina termolabile) per 30 minuti. Applicazione di pomate cortisoniche. Siero profilassi antitetanica. I sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati con la terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi elevate). Gli anestetici locali possono trovare indicazione a causa del dolore spesso violento.

MALMIGNATTA


La femmina raggiunge i 15mm ed ha una colorazione nera con 13 macchie rosse sull'addome. 


I maschi sono più piccoli di colore nero con macchie giallo chiaro.

MORFOLOGIA: ragno piccolo (7-15 mm) di colore nero lucente con addome sferico punteggiato da 13 macchiette rosse.
HABITAT: Europa meridionale. Italia centro-meridionale: Sardegna, Toscana, Alto-Lazio (Tolfa). Vive in genere sotto i sassi in luoghi aridi. E' aggressivo specialmente in primavera ed in estate.
La gravita' del quadro clinico dipende da numerosi fattori: dal ragno stesso, dal numero dei morsi, dalla zona (grave l'inoculazione diretta in circolo); dalle condizioni fisiche del paziente, dall'eta': particolarmente sensibili sono i bambini; dal grado di immunita' dovuto a precedenti morsicature (in zone endemiche).
MECCANISMO TOSSICO: la gravita' del quadro clinico dipende da numerosi fattori: dal ragno stesso, dal numero dei morsi, dalla zona (grave l'inoculazione diretta in circolo); dalle condizioni fisiche del paziente, dall'eta': particolarmente sensibili sono i bambini; dal grado di immunita' dovuto a precedenti morsi (in zone endemiche).
Il veleno e' composto da piu' tossine (proteine) di cui la più' nota e' l'alfa-latrotossina ad effetto essenzialmente neurotossico. La neurotossina determina una liberazione massiva di acetilcolina con distruzione delle vescicole sinaptiche, la cui membrana possiede siti di fissazione ad alta affinita'; in questo modo si determina depolarizzazione della membrana delle cellule nervose del sistema nervoso centrale e periferico.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: solo la femmina e' velenosa. Il ragno morde (o pizzica) tramite gli uncini delle 2 chele, determinando 2 piccoli fori attraverso i quali inietta il veleno, contraendo i muscoli che circondano le ghiandole.
SINTOMATOLOGIA: in oltre il 50% dei casi non viene avvertito alcun dolore al momento del morso. Localmente: piccola macchia di 0,5 cm di diametro, rossastra a pelle d'oca il cui diametro tende ad allargarsi. Spesso "raggi" rossastri si estendono verso i linfonodi. Successivamente: dolore e tumefazione dei linfonodi regionali. Dopo qualche ora si forma una zona pallida di circa 5 cm di diametro delimitata da un anello rosso-bluastro con dolore ed anestesia locale.
Generalmente in 4a giornata appare un rash o eritema scarlattiniforme o morbilliforme con prurito che puo' essere piu' o meno generalizzato.
Altri sintomi sistemici gravi includono lo shock, le aritmie, le crisi ipertensive (per azione diretta della tossina sui centri vasomotori).
Un aspetto sintomatologico tipico e' costituito dall'intenso dolore alle regioni linfoghiandolari con diffusione a tutto il corpo. Tipiche anche le artralgie, i tremori diffusi, i crampi muscolari, opistotono, il trisma, le contrazioni cloniche, il senso di costrizione toracica, l'iperreflessia.
I dolori muscolari possono regredire lentamente dopo circa 20 ore residuando bruciore delle piante dei piedi e parestesie delle estremità. Possibili anche ipertermia, iperemia congiuntivale, fotofobia, lacrimazione, iperemia della papilla del nervo ottico, miosi iniziale, midriasi successiva.
La sintomatologia respiratoria comprende la tachipnea iniziale seguita da bradipnea, la broncocostrizione, la broncorrea.
La sintomatologia gastroenterica comprende nausea, vomito, pirosi, meteorismo.
Dal punto di vista epatico può essere presente epatomegalia, e subittero.
Dal punto di vista renale l'oliguria o anuria durante le prime 12 ore può essere dovuta al globo vescicale (da contrazione colinergica dello sfintere) o alla disidratazione dovuta al vomito e alla sudorazione.
TERAPIA: disinfezione locale ed applicazione di pomate cortisoniche. Controindicata l'applicazione di sostanze chimiche o l'incisione, che possono aumentare il pericolo di necrosi locale. Per il resto la terapia è assolutamente di supporto e sintomatica, in relazione alla gravità del quadro clinico e di laboratorio.


Tratto da: (Alessandro Barelli, Paolo Poleggi, Claudia Addario - Centro Antiveleni, Servizio di Tossicologia Clinica - Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma)

Punture di ape e vespe

Reazione normale
Area cutanea tumefatta (circa 10 cm arrossata). Può rimanere così anche per alcuni giorni.
La maggior parte delle punture degli Imenotteri provocano piccole reazioni locali che non presentano complicanze mediche di rilievo. Queste reazioni  sono caratterizzate da dolore, prurito, arrossamento e gonfiore della regione colpita.

Reazioni IgE-mediate
Non dipendono dalla dose di veleno (quindi può bastare una sola puntura).

Sindromi LLR (large local reaction)
Edema, eritema con estensione superiore a 10 cm che perdura per più di 48 ore.
Talvolta si osservano reazioni locali più estese che si presentano inizialmente di leggera entità ma che progrediscono nell’arco di 12-24 ore e arrivano ad un diametro di circa 5 cm; queste di solito raggiungono un picco di intensità tra le 48 e le 72 ore. Queste reazioni  sono contigue alla regione interessata dalla puntura e possono coinvolgere l’intera estremità.  Quest’ultimo tipo di reazioni si risolve tipicamente in 5-10 giorni. In teoria, tutti gli individui che presentano una reazione locale estesa continuano a mostrare lo stesso tipo di reazione a seguito di punture successive. Questa tendenza non è modificata dalla immunoterapia; questa classe di pazienti non è candidata per ulteriori valutazioni diagnostiche.

Sindromi anafilattiche sistemiche
Sono gli eventi più gravi. Possono essere classificati, a seconda della gravità, grazie alle scale di Muller e Brown che prevedono tutta una serie di sintomi oggettivi a cui se ne possono aggiungere altri, soggettivi e non verificabili, dovuti probabilmente alla paura e quindi all’iperventilazione, alla cefalea, palpitazioni, parestesie, sensazione di caldo.

Classificazione di Muller (ordine crescente di gravità)

1.      Orticaria generalizzata, prurito, malessere, ansia
2.      Orticaria generalizzata, prurito, malessere, ansia più uno o più dei seguenti sintomi: angioedema (grado 2. anche se è presente solo questo sintomo), senso di costrizione toracica, sibili respiratori, nausea e vomito, dolore addominale, diarrea e vertigini.
3.      Sintomi precedenti in associazione a due o più dei seguenti sintomi: dispnea, stridore polmonare, disartria, afonia, debolezza, obnubilamento del sensorio (stato confusionale e apatia), sensazione di morte imminente.

4.      Sintomi precedenti più due o più dei seguenti: cianosi, ipotensione, collasso cardio-circolatorio, perdita di coscienza, incontinenza urinaria/fecale.


Classificazione di Brown (ordine crescente di gravità)

1.      Rash generalizzato, prurito, rinocongiuntivite, edema locale e angioedema (non altri sintomi sistemici)
2.      Sintomi respiratori, cardiovascolari, gastroenterici, neurologici. Pressione sistolica (massima) maggiore di 90 mm Hg e frequenza respiratoria minore di 25 atti/minuto

3.      Pressione sistolica minore di 90 mm Hg, frequenza respiratoria maggiore di 25 atti/minuto, perdita di coscienza, sincope, stordimento. E’ una sintomatologia potenzialmente fatale.


Oltre alle precedenti ci possono essere anche tutta una serie di “reazioni inusuali” decisamente rare tipo: sindromi della malattia di siero (febbre, linfadenopatia, esantema), interessamento renale (sindrome nefrosica, glomerulo nefrite), sistema nervoso (neurite periferica, reazioni epilettiche), danno al sistema nervoso centrale (reversibile o irreversibile), complicanze sanguigne (trombocitopenia, anemia emolitica, CID), complicanze cardiache (angina, IMA).

Reazioni tossiche


Sono strettamente dose-dipendenti e dipendono dall’effetto dei secreti inoculati in associazione alla risposta dell’organismo. Possiamo avere:


Sindromi locali (nel caso di 1 o 2 punture)


Con una singola puntura (vespa/ape) viene iniettata una dose di veleno pari a 0.5-2 µl. La dose letale per un individuo adulto in buono stato di salute è decisamente molto più elevata ed il decesso avviene entro la prima ora.

Sindromi sistemiche

Si presentano nel caso di 40-50 punture ed interessano più organi ed apparati.
Va detto che il grado di gravità della situazione deve anche tener conto del sito della puntura, tant’è che la maggior parte dei decessi sono dovuti a punture sulla testa, collo, cavo orale. E’ bene precisare che una puntura all’interno del cavo orale potrebbe causare edema della glottide il quale potrebbe portare a complicanze respiratorie e soffocamento (comunque ciò non è detto che si verifichi).

La tabella che segue fornisce una più globale visione del grado di pericolosità delle punture di Imenottero, tenendo conto sia della sintomatologia (tossica/IgE mediatica) sia del sito di puntura.


Grado di pericolosità (ordine crescente di gravità)

1.      Punture in siti non particolarmente sensibili (es. gambe, braccia, addome, schiena)
2.      Punture a siti prossimi ad aree a rischio di ostruzione con possibilità di edema migrante oppure particolarmente dolorose (es. collo, volto, testa, labbra, cavità nasale, zona oculare, genitali)
3.      Punture in siti che possono dare edema con rischio di occlusione: cavità orale e tratto oro-faringeo.
4.      Punture che possono causare sindromi sistematiche, quindi, tutte le punture in soggetti allergici e tutti i casi di punture in numero superiore a 40 (possibilità di reazione al veleno).

Un’altra situazione potenzialmente pericolosa è il caso di punture superiori a 20. La terapia, in questo caso, prevede l’uso di cortisonici e fisiologica, trattamento sintomatico e correzione dei valori ematici alterati. Il ricovero può durare più giorni, fino a completa stabilizzazione clinica; verranno controllati saturazione, pressione, ECG, transaminasi, CPK, creatinina, azotemia, piastrine e coagulazione. Per soggetti allergici sono consigliabili misure di desensibilizzazione (più cicli in cui viene iniettato una certa quantità di veleno purificato). In più è utile che, durante escursioni in cui potrebbero venire a contatto con tali insetti, portino con sé i farmaci per un intervento tempestivo (adrenalina, corticoidi).
Un altro problema che può insorgere in seguito a punture di imenotteri è l’artropatia (in genere colpisce gli apicoltori che vanno incontro più facilmente a questo tipo di incidente, soprattutto alle mani). Si manifesta con intenso dolore, edema, eritema nella sede di puntura: la flogosi articolare può manifestarsi 8-10 ore dopo la puntura o comparire a distanza di giorni. La funzione articolare resta compromessa per 14-21 giorni. Non è ben chiaro il meccanismo di patogenesi. Forse entrano in gioco corpi estranei introdotti con la puntura o anche infezioni batteriche dovute alla stessa (spesso nel liquido sinoviale è stato isolato P. aeruginosa).

TERAPIA

Trattamento delle reazioni acute

Le reazioni locali alle punture di insetto sono abitualmente trattate con impacchi freddi, antistaminici per uso orale, analgesici e cortocosteroidi ad uso topico, al fine di alleviare sintomi quali prurito, dolore localizzato e gonfiore. Una breve cura con corticosteroidi ad uso orale può essere utile nel caso di reazioni locali molto estese ed è più efficace nelle prime ore dopo la puntura.
Talvolta, reazioni locali molto estese possono venir confuse per celluliti: quando tali reazioni si manifestano 24 o 48 ore dopo la puntura, l’infezione è improbabile, e il trattamento più adatto prevede impacchi freddi e somministrazione di corticosteroidi per 4 o 5 giorni.

Trattamento delle reazioni sistemiche

Le reazioni sistemiche lievi si manifestano solo con sintomi cutanei e rispondono bene agli antistaminici. Più reazioni sistemiche, tuttavia, richiedono trattamento con epinefrina.
Pazienti con segni e sintomi di ostruzione delle alte o basse vie aeree o di ipotensione devono essere immediatamente trattati con epinefrina intramuscolare, ricevere con urgenza cure mediche e adeguati trattamenti, e vanno tenuti in osservazione per almeno 4 ore a seconda della gravità della reazione. Alcuni pazienti possono aver bisogno di un’ulteriore dose di epinefrina o di altri trattamenti per gravi reazioni anafilattiche. Un ritardo nella somministrazione di epinefrina può avere esito fatale; alcuni pazienti, inoltre, sono resistenti all’epinefrina (ad esempio quelli che assumono beta bloccanti) e possono richiedere grandi quantità di fluidi intravena e di glucagone per far regredire l’anafilassi.



COMPOSIZIONE DEL VELENO
COMPOSIZIONE DEL VELENO DELLE VESPE
COMPOSIZIONE DEL VELENO DELLE API
SOSTANZE A BASSO PESO MOLECOLARE
SOSTANZE A BASSO PESO MOLECOLARE
Istamina
Istamina
Tiramina
Dopamina
Dopamina
Norepinefrina
Epinefrina
Amino acidi
Norepinefrina
Oligopeptidi
Serotonina
Fosfolipidi
Acetilcolina
Carboidrati
Putrescina
Spermidina
Spermina


PEPTIDI
PEPTIDI
Chinine
Mellittina
Mastoporani
Apamina
Peptide chemiotattico
Peptide 401 degranulante le mast-cellule
Secapina
Tertiapina
Inibitore delle proteasi
Procamina A e B


SOSTANZE AD ALTO PESO MOLECOLARE
SOSTANZE AD ALTO PESO MOLECOLARE
Fosfolipasi A e B
Fosfolipasi A e B
Ialuronidasi
Ialuronidasi
Fosfatasi acida
Fosfomonoesterasi acida
Fosfatasi alcalina
a-D-Glucosidasi
Proteasi
DNAasi
Colinesterasi
Istidindecarbossilasi
"Antigene 5"
"Vmac 1"
"Vmac 3"




FIGURA 1 : Numero di punture mortali.
% dei casi di morte


Numero di punture
Colonna 1 : 1 sola puntura
Colonna 2 : da 2 a 50 punture
Colonna 3 : più di 50 punture

FIGURA 2 : Intervallo di tempo intercorso dalla puntura al decesso.
% di casi di morte


Tempo intercorso fra la puntura e il decesso ( ore )
Colonna 1 : fino ad 1 ora
Colonna 2 : da 1 a 24 ore
Colonna 3 : più di 24 ore

FIGURA 3 : Età delle vittime
 % dei casi di morte


Età delle vittime ( anni )
Colonna 1 : da 1 a 19 anni
Colonna 2 : da 20 a 39 anni
Colonna 3 : più di 40 anni

FIGURA 4 : Regione del corpo ove è stata inflitta la puntura.
%di punture

Regione del corpo
Colonna 1 : testa
Colonna 2 : collo
Colonna 3 e 4 : estremità

Differenze tra API e VESPE





Le api pungono una volta sola (dopodichè muoiono).

Le vespe possono pungere quante volte vogliono.

I bombi sono poco aggressivi; le regine e le operaie sono in grado però di pungere e, a differenza delle api comuni, sono dotate di un pungiglione privo di seghettatura, che gli permette di pungere anche più di una volta.


Il calabrone (vespa crabro) è generalmente poco aggressivo, tendenzialmente indifferente nei confronti dell’uomo (non cominciano a ronzare attorno alle persone come la vespa comune); tuttavia tendono a diventare molto aggressivi se disturbati o in prossimità del nido.
Le punture possono essere molto dolorose.