Le solanacee sono:
patate, peperoni, peperoncino, melanzane e pomodori.
La
frase tipica che si trova accanto alla categoria “solanacee” è: “meglio non
esagerare, poiché contengono la solanina, un alcaloide tossico“.
Cosa
è un “alcaloide”? Perché tossico? E in che modo? Per quali organi? E in quali
quantità?
Alcaloide: gli alcaloidi sono
sostanze di origine perlopiù vegetale. Non è un raggruppamento basato sulle
caratteristiche chimiche, ma su come interagiscono con l’organismo. Il
gruppo degli alcaloidi è vasto e comprende sostanze quasi innocue e sostanze
molto velenose: sono alcaloidi la nicotina, la caffeina, la teobromina (cacao),
la capsaicina (gusto piccante del peperoncino) ma anche la tubocurarina
(curaro) o la coniina o cicutina (cicuta).
Gli alcaloidi
contenuti nelle solanacee sono per lo più glicoalcaloidi (alcaloide +
zuccheri) di bassa tossicità, il più conosciuto dei quali è la solanina.
Ruolo biologico: la pianta le
produce come pesticidi naturali. Le solanine fungono da reppellenti per insetti
e vermi, insetticidi, funghicidi e battericidi.
Tossicità e benefici: le solanine agiscono sui tessuti dell’apparato digerente, le cui
pareti cellulari, oltre una certa quantità, vengono danneggiate, e sul sistema
nervoso, bloccando la trasmissione degli impulsi fra le cellule nervose.
A
dosi tossiche per ingestione i sintomi sono vomito, dolori addominali, disturbi
gastrointestinali, mal di testa, vertigini, confusione mentale. A dosi mortali la
complicanza maggiore è il blocco cardiorespiratorio.
Oltre
alla tossicità acuta è stata esaminata anche la tossicità cronica, legata a
lunghi periodi di basse o bassissime assunzioni. Nonostante le ricerche siano
numerose i risultati sono ancora non del tutto certi e anche controversi.
Il
primo effetto cronico che si sospetta riguarda il metabolismo del calcio.
Questo sembra essere destabilizzato dal fatto che la solanidina ha una molecola
molto simile alla vitamina D3, fino al punto di favorire il prelievo di calcio
dalle ossa e il suo deposito in giunture e tessuti molli. Questo peggiorerebbe
dolori articolari, artrite, artrosi nei soggetti geneticamente predisposti.
Il
secondo riguarda la psoriasi. Nei soggetti predisposti la somiglianza
della solanidina con la vitamina D3 ingannerebbe i recettori presenti nella
pelle che si occupano di moderare la proliferazione cellulare. Con la vitamina
D3 i recettori si attivano, con la solanidina no, peggiorando o scatenando la
malattia.
Per
contro bisogna sempre tenere conto degli indubbi e dimostrati effetti
positivi sulla salute delle solanacee, di gran lunga maggiori del rischio
alcaloidi.
Come dimenticare gli
antiossidanti di pomodori e peperoni? Vitamina C in quantità enormi,
carotenoidi fra cui il licopene, polifenoli a centinaia, vitamine, sali
minerali forniti generosamente anche da melanzane e patate. Per non parlare
delle fibre, solubili e insolubili.
Come
ulteriore incoraggiamento sono poi cominciati gli studi per capire se i
glicoalcaloidi delle solanacee possono avere anche ruoli positivi (anticancro,
e sembra anche antivirali), come li hanno ad esempio gli isotiocianati delle
crucifere, anch’essi tossici ad alte dosi (ad esempio bastano già 500 gr di
cavoli per influire negativamente sul metabolismo dello iodio nella tiroide),
ma per l’uomo validi anticancro.
Come eliminiamo le
solanine che mangiamo?
Una
sintesi plausibile di quanto si sa finora è questa: le solanine presenti nei
cibi vengono eliminate, o meglio non assorbite, fino al 70-80% con feci e urine
nel giro di 24 ore. Quelle che vengono assorbite e si accumulano negli organi
hanno un’emivita (cioè un tempo di dimezzamento) di 30-60 giorni.
Vuol
dire che se volessimo eliminare completamente dal nostro organismo le solanine
assorbite finora dovremmo evitare le solanacee per parecchi mesi.
Le
quantità di solanine che si trovano negli ortaggi che consumiamo variano molto
in base allo stato di conservazione, maturazione e attacchi che la pianta ha
subìto prima della raccolta.
Le
coltivazioni di solanacee usate al giorno d’oggi sono frutto di lunghe
selezioni, che ne hanno abbassato in molti casi i livelli di solanine. Le
varietà selvatiche, più soggette ad attacchi esterni, ne contengono di più.
Patata: riguardo le
solanine è l’ortaggio più studiato, a causa del suo maggior consumo.
Le
qualità coltivate al giorno d’oggi alle nostre latitudini sono poco ricche di
solanine, in media 75 mg per kg di patate sane (non verdi né germogliate),
dunque la dose tossica si raggiunge con circa 3 kg di patate in un solo giorno,
quella potenzialmente letale con 6 kg.
Patate
verdi e germogliate possono avere da 200 a 1000 mg per kg di solanine, praticamente
immangiabile, ed è così che il nostro organismo ci avverte di non mangiarla in
quelle condizioni.
La
solanina si concentra subito sotto la
buccia (fino all’80%, per difesa da agenti esterni), dunque sbucciandola il contenuto cala parecchio,
e la bollitura in acqua ne diluisce un po’ la concentrazione.
Dunque
la dose tossica per patate sane sbucciate sale a più di 10 kg in un giorno,
quella potenzialmente letale molto oltre i 20 kg, dosi impossibili.
Nelle
patate la solanina aumenta con i tagli superficiali (patate rovinate), la luce
solare (ma anche di lampade fluorescenti, come nei supermercati, per i raggi
UV), la germogliazione, l’inverdimento, ed è più alta nelle patate meno mature
(troppo novelle) e molto piccole (patatine da forno).
Processi
che concentrano molto il peso delle patate (patatine fritte in busta) possono
alzare il contenuto di solanina nel prodotto finale.
Solanina
e chaconina, i glicoalcaloidi maggiormente presenti nelle patate, sono
considerati i più tossici, con in testa a tutti la chaconina. Viste
comunque le quantità, se si usano patate sane e sbucciate si può stare più che
tranquilli.
Pomodori: il glicoalcaloide
principe è la tomatina, dalla tossicità piuttosto bassa. Nei pomodori verdi può
andare da 90 a 300 mg per kg, che in quelli quasi maturi scende a 20/30 mg per
kg, una dose che diventa quasi trascurabile nel pomodoro perfettamente maturo
dal colore rosso intenso.
Salsa
di pomodoro e concentrato di pomodoro, in genere fatti con pomodori ben maturi contengono
quantitativi irrisori di solanina e tomatina.
Il
pomodoro risulta la solanacea più sicura e salutare, viste le basse dosi di solanina
e tomatina, la bassa tossicità della tomatina in particolare e gli altri pregi
nutrizionali di cui si può vantare.
Peperoni: le varietà rosse e
gialle, ben mature, hanno meno di 80-90 mg/kg di solanine. Le varietà verdi non
ne hanno tante di più, ma visto il minor quantitativo di carotenoidi hanno alla
fine un valore nutrizionale minore.
Melanzane: solasonina e
solamargina sono poco tossiche, probabilmente appena poco più della tomatina, e
nelle melanzane si concentrano
soprattutto nella buccia.
Dunque
la risposta alla domanda del titolo è: mangiamole senza troppi problemi
nel contesto di una dieta varia, nella quale dunque non si abbonda
esageratamente di nulla. Non si può mangiare verdura solo sotto forma di
solanacee, come non si può esagerare con le crucifere (isotiocianati anche loro
virtualmente tossici), con la frutta (poliammine che possono favorire le
cellule tumorali), con i formaggi (grassi saturi), con la carne (acidosi), con
la pasta integrale (fitati non neutralizzabili), con gli spinaci (ossalati) ecc.
In una dieta naturale ben condotta, quindi molto differenziata, non si
riesce ad abusare di un solo tipo di alimenti.
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