giovedì 15 gennaio 2015

Le solanacee... amiche o nemiche ?

Le solanacee sono: patate, peperoni, peperoncino, melanzane e pomodori.

La frase tipica che si trova accanto alla categoria “solanacee” è: “meglio non esagerare, poiché contengono la solanina, un alcaloide tossico“.
Cosa è un “alcaloide”? Perché tossico? E in che modo? Per quali organi? E in quali quantità?

Alcaloide: gli alcaloidi sono sostanze di origine perlopiù vegetale. Non è un raggruppamento basato sulle caratteristiche chimiche, ma su come interagiscono con l’organismo. Il gruppo degli alcaloidi è vasto e comprende sostanze quasi innocue e sostanze molto velenose: sono alcaloidi la nicotina, la caffeina, la teobromina (cacao), la capsaicina (gusto piccante del peperoncino) ma anche la tubocurarina (curaro) o la coniina o cicutina (cicuta).
Gli alcaloidi contenuti nelle solanacee sono per lo più glicoalcaloidi (alcaloide + zuccheri) di bassa tossicità, il più conosciuto dei quali è la solanina.

Ruolo biologico: la pianta le produce come pesticidi naturali. Le solanine fungono da reppellenti per insetti e vermi, insetticidi, funghicidi e battericidi.

Tossicità e benefici: le solanine agiscono sui tessuti dell’apparato digerente, le cui pareti cellulari, oltre una certa quantità, vengono danneggiate, e sul sistema nervoso, bloccando la trasmissione degli impulsi fra le cellule nervose.
A dosi tossiche per ingestione i sintomi sono vomito, dolori addominali, disturbi gastrointestinali, mal di testa, vertigini, confusione mentale. A dosi mortali la complicanza maggiore è il blocco cardiorespiratorio.
Oltre alla tossicità acuta è stata esaminata anche la tossicità cronica, legata a lunghi periodi di basse o bassissime assunzioni. Nonostante le ricerche siano numerose i risultati sono ancora non del tutto certi e anche controversi.
Il primo effetto cronico che si sospetta riguarda il metabolismo del calcio. Questo sembra essere destabilizzato dal fatto che la solanidina ha una molecola molto simile alla vitamina D3, fino al punto di favorire il prelievo di calcio dalle ossa e il suo deposito in giunture e tessuti molli. Questo peggiorerebbe dolori articolari, artrite, artrosi nei soggetti geneticamente predisposti.
Il secondo riguarda la psoriasi. Nei soggetti predisposti la somiglianza della solanidina con la vitamina D3 ingannerebbe i recettori presenti nella pelle che si occupano di moderare la proliferazione cellulare. Con la vitamina D3 i recettori si attivano, con la solanidina no, peggiorando o scatenando la malattia.

Per contro bisogna sempre tenere conto degli indubbi e dimostrati effetti positivi sulla salute delle solanacee, di gran lunga maggiori del rischio alcaloidi.
Come dimenticare gli antiossidanti di pomodori e peperoni? Vitamina C in quantità enormi, carotenoidi fra cui il licopene, polifenoli a centinaia, vitamine, sali minerali forniti generosamente anche da melanzane e patate. Per non parlare delle fibre, solubili e insolubili.
Come ulteriore incoraggiamento sono poi cominciati gli studi per capire se i glicoalcaloidi delle solanacee possono avere anche ruoli positivi (anticancro, e sembra anche antivirali), come li hanno ad esempio gli isotiocianati delle crucifere, anch’essi tossici ad alte dosi (ad esempio bastano già 500 gr di cavoli per influire negativamente sul metabolismo dello iodio nella tiroide), ma per l’uomo validi anticancro.

Come eliminiamo le solanine che mangiamo?

Una sintesi plausibile di quanto si sa finora è questa: le solanine presenti nei cibi vengono eliminate, o meglio non assorbite, fino al 70-80% con feci e urine nel giro di 24 ore. Quelle che vengono assorbite e si accumulano negli organi hanno un’emivita (cioè un tempo di dimezzamento) di 30-60 giorni.
Vuol dire che se volessimo eliminare completamente dal nostro organismo le solanine assorbite finora dovremmo evitare le solanacee per parecchi mesi.

Le quantità di solanine che si trovano negli ortaggi che consumiamo variano molto in base allo stato di conservazione, maturazione e attacchi che la pianta ha subìto prima della raccolta.
Le coltivazioni di solanacee usate al giorno d’oggi sono frutto di lunghe selezioni, che ne hanno abbassato in molti casi i livelli di solanine. Le varietà selvatiche, più soggette ad attacchi esterni, ne contengono di più.





Patata: riguardo le solanine è l’ortaggio più studiato, a causa del suo maggior consumo.
Le qualità coltivate al giorno d’oggi alle nostre latitudini sono poco ricche di solanine, in media 75 mg per kg di patate sane (non verdi né germogliate), dunque la dose tossica si raggiunge con circa 3 kg di patate in un solo giorno, quella potenzialmente letale con 6 kg.
Patate verdi e germogliate possono avere da 200 a 1000 mg per kg di solanine, praticamente immangiabile, ed è così che il nostro organismo ci avverte di non mangiarla in quelle condizioni.
La solanina si concentra subito sotto la buccia (fino all’80%, per difesa da agenti esterni), dunque sbucciandola il contenuto cala parecchio, e la bollitura in acqua ne diluisce un po’ la concentrazione.
Dunque la dose tossica per patate sane sbucciate sale a più di 10 kg in un giorno, quella potenzialmente letale molto oltre i 20 kg, dosi impossibili.

Nelle patate la solanina aumenta con i tagli superficiali (patate rovinate), la luce solare (ma anche di lampade fluorescenti, come nei supermercati, per i raggi UV), la germogliazione, l’inverdimento, ed è più alta nelle patate meno mature (troppo novelle) e molto piccole (patatine da forno).

Processi che concentrano molto il peso delle patate (patatine fritte in busta) possono alzare il contenuto di solanina nel prodotto finale.

Solanina e chaconina, i glicoalcaloidi maggiormente presenti nelle patate, sono considerati i più tossici, con in testa a tutti la chaconina. Viste comunque le quantità, se si usano patate sane e sbucciate si può stare più che tranquilli.

Pomodori: il glicoalcaloide principe è la tomatina, dalla tossicità piuttosto bassa. Nei pomodori verdi può andare da 90 a 300 mg per kg, che in quelli quasi maturi scende a 20/30 mg per kg, una dose che diventa quasi trascurabile nel pomodoro perfettamente maturo dal colore rosso intenso.
Salsa di pomodoro e concentrato di pomodoro, in genere fatti con pomodori ben maturi contengono quantitativi irrisori di solanina e tomatina.

Il pomodoro risulta la solanacea più sicura e salutare, viste le basse dosi di solanina e tomatina, la bassa tossicità della tomatina in particolare e gli altri pregi nutrizionali di cui si può vantare.

Peperoni: le varietà rosse e gialle, ben mature, hanno meno di 80-90 mg/kg di solanine. Le varietà verdi non ne hanno tante di più, ma visto il minor quantitativo di carotenoidi hanno alla fine un valore nutrizionale minore.

Melanzane: solasonina e solamargina sono poco tossiche, probabilmente appena poco più della tomatina, e nelle melanzane si concentrano soprattutto nella buccia.

Dunque la risposta alla domanda del titolo è: mangiamole senza troppi problemi nel contesto di una dieta varia, nella quale dunque non si abbonda esageratamente di nulla. Non si può mangiare verdura solo sotto forma di solanacee, come non si può esagerare con le crucifere (isotiocianati anche loro virtualmente tossici), con la frutta (poliammine che possono favorire le cellule tumorali), con i formaggi (grassi saturi), con la carne (acidosi), con la pasta integrale (fitati non neutralizzabili), con gli spinaci (ossalati) ecc. In una dieta naturale ben condotta, quindi molto differenziata, non si riesce ad abusare di un solo tipo di alimenti.




mercoledì 14 gennaio 2015

I cibi che danneggiano la mucosa intestinale (e favoriscono la leaky gut)


Tutte le malattie autoimmuni partono dalla leaky gut (artrite reumatoide, spondilite anchilosante, malattie infiammatorie intestinali quali Morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, la celiachia, la sclerosi multipla, il diabete di tipo 1. 

Nello sviluppo delle malattie autoimmuni viene prima la leaky gut e poi lo sviluppo vero e proprio con i sintomi dalla malattia!!

Ci sono varie cause della leaky gut: infezioni virali e batteriche, disbiosi intestinale, diete scorrette ricche in grani, alcol, allergie alimentari IGE e sensitività alimentari IGG, medicamenti quali aspirina e farmaci anti infiammatori non steroidei, stili di vita con stress cronico, poco sonno, iperattività, ecc. 

I cibi che maggiormente irritano l'intestino e possono causare la sindrome dell'intestino poroso, chiamato in inglese "leaky gut" sono i seguenti:

- grano
- legumi
- latticini

(E' consigliato anche evitare cibi industriali pieni di conservanti e coloranti, e gli zuccheri in generale).

Vediamo nel dettaglio perché.

GRANO e LEGUMI

Contengono LECTINE. Sono il grano, il mais, l'avena, l'orzo, riso, arachidi, soia, fagioli, fagiolini, ecc. 

Le lectine fanno parte della difesa della pianta, e per noi sono indigeste e causano danni al nostro intestino. 



Il GLUTINE contenuto nei cereali è la lectina più pericolosa !! 
Danneggia anche l'intestino di chi non è celiaco !! 


LEGUMI E PSEUDO-GRANI

Contengono SAPONINE.
Specialmente gli pseudocereali quali quinoa e amaranto contengono molta saponina. 




GRANI, PSEUDOGRANI E LATTICINI


Contengono INIBITORI DELLA PROTEASI. Il grano saraceno in particolare ne contiene molto. 

I latticini sono molto problematici da questo punto di vista, il latte specialmente, andrebbe proprio eliminato dalla dieta dopo lo svezzamento. 









lunedì 12 gennaio 2015

il sucralosio fa male

In un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Toxicology and Environmental Health, i ricercatori del Duke University Medical Center riportano i risultati di uno studio in cui si evidenziano gli effetti collaterali di uno dei principi attivi contenuti in un popolare dolcificante: il sucralosio (o E955).Secondo quanto scoperto dalla dott.ssa Susan Schiffman e colleghi, il sucralosio può limitare gli effetti dei farmaci, alterare la flora batterica intestinale benefica e alterare la secrezione ormonale.
Lo studio, condotto su modello animale, ha inteso osservare e confrontare gli effetti del sucralosio (1,1%), il glucosio e le maltodestrine. Ai topi utilizzati per la ricerca è stato somministrato il dolcificante artificiale per un periodo di 12 settimane. Dopo di che sono state eseguite delle analisi che comprendevano l’analisi batterica dei campioni fecali e la misura del pH fecale.

I risultati hanno evidenziato che il dolcificante artificiale aveva causato vari effetti avversi nei ratti, tra cui una riduzione della microflora fecale benefica, un aumento del pH fecale e un aumento dei livelli di espressione di P-gp, CYP3A4 e CYP2D1, che sono noti per limitare la biodisponibilità dei farmaci somministrati per via orale.


«Alle concentrazioni tipicamente utilizzate in alimenti e bevande, il sucralosio elimina i batteri benefici nel tratto gastrointestinale, con un minore effetto sui batteri patogeni – scrive la dott.ssa Schiffman – La maggior parte dei consumatori non sono a conoscenza di questi effetti, perché non vi è nessuna etichetta di avvertimento sui prodotti contenenti sucralosio».

Gli scienziati hanno anche dichiarato che la modifica nell’equilibrio dei batteri gastrointestinali è stata associata a un aumento di peso e obesità. A livelli elevati, poi, sucralosio causa anche danni al DNA. E, sempre secondo i ricercatori, questi effetti biologici si verificano con l’assunzione del sucralosio ai livelli attualmente approvati dalle agenzie di regolamentazione per l’uso nella catena alimentare. E se detti problemi si verificano già quando si sta nei limiti consigliati, cosa accade se si superano questi livelli, come quando non ci si limita nell’assumere un prodotto edulcorato artificialmente? La risposta è facilmente prevedibile, e forse sarebbe il caso che si iniziasse a cercare delle alternative dolcificanti che siano più sicure e più dolci per la salute.





giovedì 8 gennaio 2015

Gli effetti della meditazione sulla salute

(tratto da psiconeuroendocrinoimmunologia)

Un gruppo di neurobiologi danesi ha pubblicato su "Cognitive Brain Research" uno studio realizzato su otto maestro di meditazione, indagati durante l'esecuzione di esercizi della scuola Yoga Nidra tramite la PET. Visualizzando l'attività del cervello dei meditanti, con un tracciante contenente un competitore per il neurotrasmettitori dopamina, i ricercatori hanno potuto vedere un notevole aumento del neurotrasmettitore nello striato ventrale, un'area del cervello che fa parte dei circuiti del premio, della gioia per una ricompensa. 

In base a questo ed altri studi fatti sulla meditazione e il suo influsso sul cervello, si deduce che l'uso regolare delle tecniche meditative determina quanto segue.

  • La regolazione della produzione di cortisolo, fondamentale ormone dello stress.
  • L'aumento notturno della melatonina, fondamentale ormone del sonno, con funzioni chiave nella sincronizzazione dei ritmi biologici dell'organismo.
  • La riduzione della noradrenalina, neurotrasmettitore prodotto sia dalle surrenali sia dal cervello sotto stress.
  • L'aumento della serotonina, neurotrasmettitore di grande rilievo per l'umore (antidepressivo), ma anche per la regolazione della fame e della sazietà, e non solo.
  • L'aumento del DHEA (deidroepiandrosterone), ormone prodotto sia dalle surrenali sia dal cervello, con ruoli molteplici sia sull'umore sia sul sistema immunitario. 
  • L'aumento del testosterone, ormone maschile per eccellenza, ma che può svolgere un ruolo importante anche nelle donne perché, soprattutto in menopausa, costituisce una riserva per la produzione di ormoni femminili (estrogeni), tramite un meccanismo di conversione enzimatica dall'ormone maschile a quello femminile che si chiama 'aromatizzazione'.
  • Inoltre, il cervello appare dotato di maggiori livelli di coerenza, anche interemisferica, segnalati dalla comparsa di ritmi armonici particolarmente robusti. 
  • Infine, il cervello dei meditanti esperti appare in grado di ridurre il sovraccarico di input, semplificando la complessità.


In sintesi, gli effetti fisiologici della meditazione sul cervello possono essere così riassunti:

1) Un rilassamento profondo che non ottunde l'attenzione, anzi la potenzia.

2) Un maggior controllo dei circuiti neuroendocrini e segnatamente di quello dello stress. 

3) Una maggior coerenza cerebrale, una migliore comunicazione tra gli emisferi, una maggiore capacità di adattamento.




martedì 6 gennaio 2015

L'integrazione contro le malattie moderne

(tratto da "life 120")

L'ipercortisolemia 

L'integrazione può essere un valido aiuto per contrastare l'ipercortisolemia (eccesso di cortisolo) ed i suoi effetti devastanti per il nostro organismo. 

1) Integrare i seguenti micronutrienti che hanno sia un effetto inibitorio e adattogeno del cortisolo e quindi dello stress e stimolano la produzione di testosterone (antagonista del cortisolo). 

Vitamina D 
Melatonina
Fosfatidilserina
Tirosina
Magnonolo
Rhodiola rosea
Epimedium
Teanina
Ginseng
Schisandra
Cordyceps sinensis

2) Diminuzione delle infiammazioni croniche che richiedono l'intervento del cortisolo.

Vitamina D
Omega 3
Potassio

3) Diminuzione della produzione di insulina e quindi di un maggior calo glicemico. 

Curcuma
Resveretrolo
Cannella
Taurina
Glutammina
Carnitina
Arginina
Potassio
Magnesio
Manganese
Vitamina D
Vitamina B1
Cromo

Il Diabete

1) Integrare i seguenti micronutrienti che permettono di diminuire l'uso dell'insulina da parte del nostro corpo.

Vitamina D
Vitamina B1
Cromo
Manganese
Magnesio
Potassio
Arginina
Carnitina
Glutammina
Taurina
Cannella
Epigallocatechina
Resveratrolo
Curcuma

2) Diminuire la secrezione del cortisolo per evitare la produzione di glucosio dalla massa magra.

Cordyceps sinensis
Schisandra
Ginseng
Teanina
Epimedium
Rhodiola rosea
Magnonolo
Tirosina
Fosfatidilserina
Melatonina
Vitamina D

Le malattie intestinali

1) Ingerendo degli integratori specifici che uniti al cibo giungono a contatto della flora batterica cattiva rendendo venefico il chimo, che agirà direttamente sulle colonie patogene. In nutrienti sono:

Pepe nero
Cannella
Zenzero
Origano
Chiodi di garofano
Curcuma

2) Migliora il sistema immunitario del nostro corpo, rendendo in tal modo più efficace l'azione dei linfociti T (Placche di Peyer) contro la flora batterica patogena.

Quercetina
Epigallocatechina gallato
Chiodi di garofano
Ornitina alfa chetoglutarato
Glutammina
Acetil cisteina
Zinco
Rame
Vitamina E
Vitamina B12
Vitamina B8
Vitamina B7
Vitamina B6
Vitamina A
Vitamina D
Vitamina C

3) Diminuire la secrezione del cortisolo per evitare l'abbattimento del sistema immunitario.

Cordyceps sinensis
Schisandra
Ginseng
Teanina
Epimedium
Rhodiola rosea
Magnonolo e Onochiolo
Tirosina
Fosfatildilserina
Melatonina
Vitamina D

La candida

1) Evitare che il corpo subisca l'infiammazione cronica, perché ciò attiverebbe il cortisolo, il quale inibisce la produzione di linfociti indebolendo il nostro sistema immunitario.

Vitamina D
Omega 3
Potassio

2) Migliorare la funzionalità del nostro sistema immunitario in modo da impedire la proliferazione della candida. 

Quercetina
Epigallocatechina gallato
Chiodi di garofano
Ornitina alfa chetoglutarato
Glutammina
Acetil cisteina
Zinco
Rame
Vitamina E
Vitamina B12
Vitamina B8
Vitamina B7
Vitamina B6
Vitamina A
Vitamina D
Vitamina C

3) Contrastare la disbiosi, la SIBO, la permeabilità intestinale, perché permettono alla candida d'immettersi nel flusso sanguigno. 

Vitamina B9
Chiodi di garofano
Origano
Zenzero
Cannella
Curcuma
Pepe nero

4) Diminuire la secrezione del cortisolo, per evitare a soppressione del sistema immunitario.

Cordyceps sinensis
Schisandra
Ginseng
Teanina
Epimedium
Rhodiola rosea
Magnonolo e Onochiolo
Tirosina
Fosfatildilserina
Melatonina
Vitamina D

L'infiammazione cronica

1) I micronutrienti fondamentali sono:

Vitamina D
Omega 3
Potassio

2) Contrastare la formazione di radicali liberi, la cui produzione è maggiore nelle fasi infiammatorie.

Esperidina
Picnogenolo
Quercetina
Resveratrolo
Epigallocatechina gallato
Chiodi di garofano
Origano
Cannella
Pepe nero
Curcuma
Taurina 
N-acetil cisteina
Molibdeno
Selenio
Cromo
Coenzima Q10
Acido alphalipoico
Vitamina E
Vitamina C
Vitamina A

3) Contrastare le infiammazioni ripristinando l'omeostasi dei tessuti, utilizzando le spezie per il loro potere anti infiammatorio.

Vitamina B9
Chiodi di garofano
Origano
Zenzero
Cannella 
Pepe nero

Gli autori del libro hanno messo a punto degli integratori alimentari che contengono queste integrazioni (http://www.life-120.com/integratori-life-120/product/listing.html). 

Si tratta di: 

VitaLife C (Vitamina C)

Orac Spice (Spezie macinate e compresse di: Chiodi di garofano, Cannella, Pepe nero, Origano, Curcuma, Zenzero). 
Hanno attività antifungine, antiinfiammatorie, antitumorali, antisettiche (fondamentali per debellare la flora batterica patogena compresa la candida). 

Radical Killer (Resveratrolo, Epigallocatechina gallato, Proantocianidine OPC, Curcumina, Piperina, Quercetina, Esperidina). 
Hanno una potente attività anti radicali liberi. 

Omega3 Life (contengono omega 3, Vitamina D, Vitamina E)

Multi-Vitamineral (manganese, magnesio, cromo, ferro, fosforo, potassio, rame, selenio, zinco, molibdeno, boro, iodio, calcio, acido L-glutammico, Vitamina A, Vitamina B1, Vitamina B2, Vitamina B3, Vitamina B5, Vitamina B6, Vitamina B7, Vitamina B9, Vitamina B12, Acido para-aminobenzoico, Coenzima Q10). 

Melatonin Complex (contiene melatonina e zinco, selenio, Vitamina B6).

Stress Killer (per abbassare il livello di cortisolo nel sangue).
(Contiene: Fosfatidilserina, L-tirosina, Estratto secco di Magnolia, Estratto di Rhodiola rosea, Epimedium, Teanina, Estratto secco di ginseng, Estratto di schisandra, Estratto di  cordyceps sinensis, Vitamina B6). 














lunedì 5 gennaio 2015

L'asse dello stress nel cervello

Studi sono in corso per determinare con esattezza il ruolo di stimolo e di depressione che questo o quel peptide neuroendocrino produce sulle cellule immunitarie. Resta il fatto che gli scienziati concordano su un punto: il cervello monitorizza l'attività del sistema immunitario e ciò è dimostrabile dalla misurazione delle modificazioni dell'attività dei neurotrasmettitori cerebrali. 

Ma a che cosa servono i neurormoni prodotti dalle cellule immunitarie?

Servono a modulare la risposta immunitaria: la produzione di peptidi ormonali, al pari della produzione di citochine, fa parte del linguaggio del sistema, della comunicazione tra le varie cellule che compongono il sistema immunitario.
Per esempio, il TSH, quando viene prodotto dall'ipofisi ha il potere di indurre la tiroide a produrre i proprio ormoni (T4 e T3), mentre quando viene prodotto dai linfociti serve ad aumentare la produzione di anticorpi da parte dei linfociti B. Così, l'ACTH ipofisario stimola la produzione di cortisolo da parte delle surrenali, mentre l'ACTH linfocitario serve a bloccare la produzione di anticorpi. 

Per J.E. Blalock (vedi figura sotto) il ruolo dei neurormoni linfocitari non si ferma qui. Da teorico della comunicazione bidirezionale tra sistema immunitario e sistema neuroendocrino, Blalock propone per i neurormoni linfocitari un ruolo centrale nella comunicazione tra i grandi sistemi. Sono le parole con cui si realizza la grande connessione fisiologica che consente la vita a un organismo complesso. La ricerca ha stabilito che questi ormoni linfocitari hanno effetti endocrini, al pari dei loro fratelli prodotti dalle cellule delle ghiandole endocrine.











venerdì 2 gennaio 2015

Le malattie infiammatorie

(tratto dal libro Psiconeuroendocrinoimmunologia)

L’infiammazione come mezzo di difesa e come fonte di guai per l’organismo

I fenomeni infiammatori, in realtà, non sono eventi eccezionali. Anzi, l’infiammazione rappresenta il principale mezzo di difesa che l’organismo ha contro le infezioni e le trasformazioni tumorali delle nostre cellule.
Essi fanno parte della normalità fisiologica del nostro organismo. D’altra parte però l’infiammazione è dotata di un eccezionale potere distruttivo dei tessuti del nostro organismo, sia di quelli della prima linea di difesa (le mucose) sia degli organi interni (fegato innanzitutto).
Ai fini della valutazione e della prevenzione dei danni prodotti all’organismo dall’infiammazione infatti quello che conta non è tanto o che cosa abbia prodotto l’infiammazione, quanto il tipo di risposta dell’organismo.
Lo stimolo all’infiammazione può essere infatti di varia natura, proveniente dall’ambiente esterno o da quello interno.

I meccanismi infiammatori

Stimoli infiammatori sia esterni, sia interni, per produrre effetti pertinenti devono raggiungere i vasi sanguigni. E’ la parete interna dei vasi, l’endotelio vasale, che costituisce la sede dell’attivazione infiammatoria.
Se lo stimolo persiste o se è di entità adeguata, si realizzeranno profondi cambiamenti all’interno del sangue, con la contemporanea attivazione di 3 sistemi (della coagulazione, delle chinine e del complemento) e la liberazione di sostanze che richiameranno altre cellule immunitarie nel luogo dell’infiammazione, che saranno anche di tipo linfocitario.
Quando l’endotelio vasale è attivato, i fosfolipidi della membrana cellulare, a partire dall’acido arachidonico, acido grasso polinsaturo della serie omega 6, generano una miriade di sostanze infiammatorie, collettivamente denominate eocosanoidi.

Diversi studi dimostrano che una sovrapproduzione di derivati dell’acido arachidonico è implicata in numerosi disordini infiammatori: dall’artrite reumatoide alle malattie infiammatorie intestinali e cardiovascolari, fino a quelle neurodegenerative.

E’ utile sottolineare che la prima “fiammata infiammatoria” viene sostenuta da sostanze già formate e largamente disponibili, poiché sono presenti nelle piastrine e nelle cellule immunitarie stabilmente presenti nel sistema vascolare, come le mastoidi. Queste sostanze sono: istamina, serotonina, bradichinina, fattore attivante le piastrine (PAF).

L’infiammazione come fenomeno sistemico

La febbre accompagna da sempre l’umanità. In sintesi i dati certi sono che il rialzo della temperatura è prodotto dal cervello e segnatamente dall’ipotalamo anteriore, il quale risponde a segnali che arrivano dalla circolazione sanguigna, sotto forma di interleuchine.
Il rialzo della temperatura serve a migliorare l’attività delle cellule immunitarie.
In particolare, l’aumento della temperatura è un segnale essenziale di attivazione dei macrofagi, ma soprattutto dei linfociti Th.
Dal cervello, al fegato, all’osso, al surrene, ai vasi sanguigni fino ai muscoli e al tessuto adiposo: è praticamente l’insieme dell’organismo a essere coinvolto.

Il fegato è l’organo dell’infiammazione e della sua regolazione

In realtà, il fegato, oltre a svolgere un ruolo essenziale nel metabolismo dei nutrienti, nella sintesi di alcune vitamine come la D e la K, e altro ancora, svolge alcune fondamentali funzioni legate al sangue e alla regolazione dell’infiammazione.
Le proteine sintetizzate dal fegato sono: quasi tutte le proteine della coagulazione; i fattori del complemento C3 e C4, i fattori anti infiammatori e di regolazione (APP). Le proteine della fase acuta sono la proteina C reattiva (PCR). Durante un’infezione acuta i valori della PCR risultano elevati. In realtà, queste proteine vengono rilasciate in quantità superiori al normale non solo in presenza di un’infezione, ma anche di un’infiammazione cronica, oppure di eventi stressanti (di tipo fisico ed emozionale) e di malattie, come depressione e tumori.

I difetti nel controllo dell’infiammazione

Il controllo dell’infiammazione è la risultante dell’attivazione di meccanismi di regolazione locale e generale, ma perché essa venga spenta davvero, l’organismo deve mettere in modo circuiti immunoneuroendocrini di segno generale: produzione di peptidi e attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con produzione finale di cortisolo.

Alterazioni della comunicazione tra sistema immunitario e cervello potrebbero produrre malattie infiammatorie o psichiatriche o sindromi miste, aventi cioè componenti sia comportamentali sia infiammatorie. Queste ipotesi sono state confermate parlando del rilascio di citochine infiammatorie in corso di stress.

Lo stress esacerba la malattia

L’attivazione del sistema dello stress si accompagna alla produzione di citochine infiammatorie.



Lo stress, tramite la noradrenalina, attiva un enzima, una chinasi, che attacca un complesso inerte presente nel citoplasma della cellula immunitaria, lo libera dal fattore inibitorio e mette in azione NFKB. Il fattore entra nel nucleo del monocita e attiva una sessantina di geni, i quali, a loro volta, comanderanno la produzione di proteine infiammatorie, soprattutto citochine (IL-1 e TNF-alfa) e molecole di adesione (VCAM e ICAM), essenziali per lo sviluppo della risposta infiammatoria.

La maggiore vulnerabilità femminile nella regolazione dell’asse dello stress

La donna ha un sistema ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) più dinamico, ma con più difficoltà di regolazione. D’altra parte, una perfetta regolazione di questo asse è la sua unica protezione verso l’autoimmunità, mentre nell’uomo, che ha un HPA meno dinamico e più controllato, la protezione viene anche dall’asse gonadico. Per il controllo dell’autoimmunità, si potrebbe affermare che la femmina dipende dalle surrenali e il maschio dai testicoli.