Ecco gli animali i cui morsi sono pericolosi per l'uomo.
VIPERA
MORFOLOGIA:
testa piatta triangolare, più' larga del collo, ricoperta di placchette piccole
e di forma irregolare. Pupilla ellittica e verticale.
Corpo
lungo 45-100 cm, tozzo, spesso a coda breve, ricoperto da squame carenate, non
sempre sormontato da una riga romboide nera. Massima varietà' di colorazione
(grigio, bruno, rossastro, giallastro, olivastro, arancione, nerastro, nero) e
di ornamentazione; la parte inferiore dell'apice della coda e' spesso di colore
arancione.
HABITAT:
zona mediterranea, dalla fascia sud-mediterranea a quella
mediterraneo-altomontana; zona medio-europea, zona atlantica. Capace di vivere
in tutti gli ambienti dal livello del mare fino a 3000 metri sulle Alpi
italiane. Distribuzione: Spagna nord-est, Francia, Germania sud-ovest, Svizzera
nord-ovest, Italia continentale, peninsulare ed isole di Montecristo, Elba,
Sicilia, Jugoslavia e Bulgaria.
AMBIENTI
A RISCHIO: luoghi caldi ed aridi, sotto i sassi, in mezzo ad arbusti e siepi;
temperatura ottimale 15-35 ° C. Attacca solo se senza via di uscita o se
colpita.
TOSSINE:
proteine con attività' enzimatica: fosfolipasi, l-aminoacidossidasi,
fosfodiesterasi, nucleotidasi, fosfomonoesterasi, deossiribonucleasi,
ribonucleasi, adenosintrifosfatasi, ialuronidasi, nad-nucleosidasi,
arilamilasi, peptidasi.
Enzimi:
endopeptidasi, arginina-estereidrolasi, chininogenasi, enzima trombinosimile,
attivatore del fattore X e attivatore della protrombina. Colesterolo, lecitina,
sostanze lipidiche, riboflavina (responsabile del colore giallo caratteristico
di alcuni veleni), ioni metallici e non metallici, sodio, potassio, calcio,
zinco, rame, manganese, ferro, cobalto, alluminio, argento, fosforo, ioni
cloruro.
VIA
DI PENETRAZIONE DEL VELENO: morso tramite 2 denti scanalati che, in genere,
provocano 2 incisioni distanti tra loro 6-8 mm.
MECCANISMO
DI TOSSICITA': il veleno e' formato da vari enzimi ad azione diversa:
azione
neurotossica: agisce sia mediante una colinesterasi, distruggendo
l'acetilcolina muscolare, sia con azione curarizzante
reazione
anafilattica con possibile insorgenza di shock
azione
citotossica e necrotizzante
azione
emorragica: tramite enzimi che, a piccole dosi, agiscono sulla coagulazione
gelificando il fibrinogeno e provocando trombosi vascolari, ad alte dosi
lisando lo stesso e provocando emorragie
azione
danno diretto sull'endotelio dei capillari.
SINTOMATOLOGIA:
è caratterizzata da sintomi locali, specifici ed estremamente importanti per la
diagnosi e da una serie di sintomi a carattere sistemico, aspecifici data la
notevole variabilità di azione degli enzimi contenuti nel veleno.
I
sintomi locali consistono nella comparsa, nel punto del morso, di edema duro,
dolore intenso, arrossamento e fenomeni necrotici, espressione della intensa
reazione infiammatoria che, col passare del tempo si estende in senso
centripeto coinvolgendo tutto l'arto. I classici due punti in cui sono
penetrati i denti del rettile non sono sempre visibili perché mascherati
dall'edema infiammatorio. I segni locali sono un fattore determinante per la
diagnosi.
I
sintomi sistemici, aspecifici e molto variabili, vanno dai fenomeni trombotici,
per attivazione del fibrinogeno, alle sindromi emorragiche, per attivazione
della plasmina; inoltre possono presentarsi disturbi cardiocircolatori di tipo
vasoparalitico (ipotensione e shock) o al contrario fenomeni da attivazione del
sistema simpatico. E' possibile la necosi tubulare con conseguente
insufficienza renale. Il sistema nervoso centrale può essere depresso (coma) o,
al contrario, "eccitato" (convulsioni).
DIAGNOSI:
è basata sui dati anamnestici e sul riscontro della reazione locale, ricordando
che i classici due punti in cui sono penetrati i denti del rettile non sono
sempre visibili perché mascherati dall'edema infiammatorio. La sintomatologia
sistemica, per la sua aspecificità, non è diagnostica ma è utile
nell'inquadramento generale del paziente e, soprattutto, per intraprendere le
decisioni terapeutiche.
REPERTI
LABORATORIO e STRUMENTALI: ipofibrinogenemia, allungamento del tempo di
protrombina, leucocitosi, neutrofilia, trombocitopenia, ematuria, urobilinuria,
inversione dell'onda T, deviazione del tratto ST
TERAPIA:
è controindicato incidere, succhiare il veleno, applicare laccio emostatico,
cauterizzare.
Bisogna,
invece, mantenere calmo il paziente, immobilizzare l'arto colpito ed applicare
una benda elastica larga 7-10 cm e lunga 6-12 m (dopo aver tolto orologi ed
anelli), sia a monte che a valle della zona colpita, cercando di comprimere in
modo da rallentare al massimo la circolazione linfatica senza pero' alterare
quella arteriosa: per esempio, in caso di morso alla mano, occorre fasciare
almeno fino al gomito e, possibilmente, immobilizzare l'arto applicando anche
una stecca rigida. In presenza di sintomi sistemici importanti e conclamati, ma
solo in ambiente ospedalierio, possibilmente in reparto di terapia intensiva,
somministrare il siero antiofidico per infusione (1 fiala in 250 ml di
soluzione glucosata al 5%), tenendo presente la possibilita' di insorgenza di
shock anafilattico da siero eterologo. Se la prima infusione di siero non e'
stata risolutiva, ripetere un'altra dose. Dal 1994 sono disponibili frammenti
purificati di fab ovini, purtroppo non in commercio in Italia. I Fab, essendo
privati della parte antigenica del frammento fc della gamma-globulina sono
gravati di una minore incidenza di reazioni allergiche nel paziente. Il
trattamento consta dell' inoculazione di 2 fiale diluite in 250 ml di soluzione
fisiologica da somministrare in unica soluzione in 1 ora. La dose e' invariata
per adulti e bambini. Per il resto la terapia è sintomatica, sia per i sintomi
locali che sistemici, e di supporto.
APE
MORFOLOGIA:
imenottero di colore nero a striscie gialle.
HABITAT:
vario
AMBIENTI
A RISCHIO: nelle vicinanze dell' alveare.
TOSSINE:
enzimi: ialuronidasi, fosfolipasi A, fosfolpipasi B, esterasi, fosfatasi.
Mega-peptidi: mellitina, peptide ad azione degranulante sulle mast cellule,
apamina, minimine, cardiopeptide, inibitore di proteasi. Micro-peptidi:
istamina, procamina, fosfolipidi. Di ancora incerta definizione:
5-idrossitriptamina, dopamina, nor-adrenalina, acido vanilmandelico.
VIA
DI PENETRAZIONE DEL VELENO: inoculazione del veleno tramite aculeo.
MECCANISMO
DI TOSSICITA': non tutti i componenti del veleno dell' ape sono stati ancora
identificati, trattandosi di una composizione molto complessa e variabile in
relazione alla stagione ed all' eta'. La ialuronidasi e' l' enzima responsabile
della diffusione del veleno nei tessuti. La mellitina e il peptide "mast
cell degranulating" sono responsabili della reazione dei mastociti. Il
contenuto in istamina varia in relazione all' eta' ed alla stagione. La
fosfolipasi sarebbe responsabile della contrazione dei muscoli lisci, della
ipotensione, aumento della permeabilita' capillare. La localizzazione della
puntura determina la gravita' dei sintomi.
SINTOMATOLOGIA:
immediati: dolore, ponfo, edema, macchie. Descritta una sindrome meningea da
puntura alla faccia, al labbro superiore, al collo. Possibili, in individui
sensibilizzati, o per punture multiple: edema generalizzato, broncocostrizione,
crampi addominali, nausea, vomito, vertigini, ipotensione, shock anafilattico,
insufficienza renale, possibile emolisi acuta.
TERAPIA:
estrarre l' aculeo facendolo saltare con una lama di coltello o altro, evitando
accuratamente la rimozione con pinze che spremono il sacco velenifero, determinando
l' inculazione totale del veleno. Applicazione di ghiaccio. Disinfezione ed
applicazione di pomata a base di corticosteroidi. I sintomi generalizzati, se
presenti, vengono trattati con la terapia usuale delle reazioni allergiche
(corticosteroidi ev anche dosi elevate).
VESPA
MORFOLOGIA:
imenottero di colore nero a striscie gialle.
APPARATO
VELENIFERO: consiste di un sistema ghiandolare, un sacco velenifero ed un
aculeo dentellato per l' inoculazione del veleno. A differenza dell' ape, la
vespa non lascia l' aculeo nella cute della vittima: infatti, il sacco serve
soltanto da contenitore, non essendo provvisto di muscolatura. Ciò significa,
praticamente, che la vespa può pungere ripetutamente a differenza, appunto,
dell'ape che muore, perdendo l'aculeo, dopo aver punto. La ghiandola, detta
"acida", e' responsabile della secrezione del veleno.
HABITAT:
vario
AMBIENTI
A RISCHIO: gli individui portatori dell'aculeo sono le femmine (sia quelle
feconde che quelle non, operaie). Esse pungono in genere se colpiscono o
vengono colpite da un ostacolo e soprattutto per la difesa del nido. La loro
aggressività' aumenta con le temperature elevate e quando i nidi sono molto
popolati.
TOSSINE:
istamina, serotonina, acetilcolina, dopamina, noradrenalina, adrenalina, chinine,
enzimi: ialuronidasi, fosfolipasi A, fosfolpipasi B, esterasi, colinesterasi,
proteasi.
VIA
DI PENETRAZIONE DEL VELENO: inoculazione del veleno tramite un aculeo che si
trova all'estremo posteriore dell'addome ed in posizione di riposo e' ritratto.
A differenza dell'ape, la vespa non lascia l' aculeo nella cute della vittima.
MECCANISMO
DI TOSSICITA': non tutti i componenti del veleno della vespa sono stati ancora
identificati, trattandosi di una composizione molto complessa e variabile in
relazione alla stagione ed all'età'. La ialuronidasi e' l'enzima responsabile
della diffusione del veleno nei tessuti. Il contenuto in istamina varia in
relazione all'età' ed alla stagione. La fosfolipasi sarebbe responsabile della
contrazione dei muscoli lisci, dell'ipotensione e dell'aumento della
permeabilità' capillare. La localizzazione della puntura determina la gravita'.
SINTOMATOLOGIA:
esattamente riconducibile a quella causata dalla puntura di ape
TERAPIA:
applicazione di ghiaccio, disinfezione, applicazione di pomata a base di
corticosteroidi.
Anche
in questo caso, i sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati con la
terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi
elevate).
SCORPIONE ITALIANO
MORFOLOGIA:
piccolo, corpo lungo 5-7 cm., di colore scuro, porta 2 cheliceri anteriori
(pinze), coda segmentata provvista di aculeo.
APPARATO
VELENIFERO: e' situato in posizione terminale sull'ultimo anello della coda. e'
formato da una ghiandola doppia.
HABITAT:
diffuso nei luoghi aridi.
MECCANISMO
DI TOSSICITA': lo scorpione italico e' generalmente non tossico.
SINTOMATOLOGIA:
generalmente nessuna. Possibili: dolore locale, edema, eritema; rare le
reazioni allergiche.
TERAPIA:
disinfezione e sieroterapia antitetanica. Se necessario applicazione di pomate
cortisoniche. Usuale trattamento di eventuali (rare) reazioni sistemiche.
TRACINA
MORFOLOGIA:
lunghezza 20-40 cm, testa tozza, bocca a taglio obliquo, occhi posti
superiormente (molto ravvicinati tra loro), due spine dorsali, due aculei
opercolari, dorso bruno-giallastro, ventre biancastro.
HABITAT:
mare: fondo sabbioso, vicino alla riva. Abbonda nel mar mediterraneo, lungo le
coste del sud dell'Inghilterra e nelle zone meridionali del mare del nord. E'
un pesce commestibile.
AMBIENTI
A RISCHIO: nella maggior parte dei casi l'intossicato e' un pescatore che si
punge nel togliere il pesce dalle reti o dall'amo. Negli altri casi quando si
poggia il piede su fondi sabbiosi, dove la tracina si nasconde molto frequentemente.
TOSSINE:
adrenalina, noradrenalina, sostanza liberatrice di istamina. Tossina
termolabile.
VIA
DI PENETRAZIONE DEL VELENO: apparato pungente che inietta veleno.
SINTOMATOLOGIA:
dopo 1-30 min: dolore (dal punto ferito si irradia), edema, colorazione
cianotica della cute attorno alla ferita. Reazioni generalizzate: brividi,
ipertermia, sudorazione, artralgie, vomito, agitazione psicomotoria. Nei casi
più gravi: convulsioni, allucinazioni, dispnea, palpitazioni. Nei giorni
successivi: adenomegalia, linfangite. Possibili emolisi e nefropatia.
TERAPIA:
immediata: immersione dell'arto in acqua quanto piu' possibile calda (tossina
termolabile) per 30 minuti. Applicazione di pomate cortisoniche. Siero
profilassi antitetanica. I sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati
con la terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi
elevate). Gli anestetici locali possono trovare indicazione a causa del dolore
spesso violento.
MALMIGNATTA
La femmina raggiunge i 15mm ed ha una colorazione nera
con 13 macchie rosse sull'addome.
I maschi sono più piccoli di colore nero con
macchie giallo chiaro.
MORFOLOGIA:
ragno piccolo (7-15 mm) di colore nero lucente con addome sferico punteggiato
da 13 macchiette rosse.
HABITAT:
Europa meridionale. Italia centro-meridionale: Sardegna, Toscana, Alto-Lazio
(Tolfa). Vive in genere sotto i sassi in luoghi aridi. E' aggressivo
specialmente in primavera ed in estate.
La
gravita' del quadro clinico dipende da numerosi fattori: dal ragno stesso, dal
numero dei morsi, dalla zona (grave l'inoculazione diretta in circolo); dalle
condizioni fisiche del paziente, dall'eta': particolarmente sensibili sono i
bambini; dal grado di immunita' dovuto a precedenti morsicature (in zone
endemiche).
MECCANISMO
TOSSICO: la gravita' del quadro clinico dipende da numerosi fattori: dal ragno
stesso, dal numero dei morsi, dalla zona (grave l'inoculazione diretta in
circolo); dalle condizioni fisiche del paziente, dall'eta': particolarmente
sensibili sono i bambini; dal grado di immunita' dovuto a precedenti morsi (in
zone endemiche).
Il
veleno e' composto da piu' tossine (proteine) di cui la più' nota e'
l'alfa-latrotossina ad effetto essenzialmente neurotossico. La neurotossina
determina una liberazione massiva di acetilcolina con distruzione delle
vescicole sinaptiche, la cui membrana possiede siti di fissazione ad alta
affinita'; in questo modo si determina depolarizzazione della membrana delle
cellule nervose del sistema nervoso centrale e periferico.
VIA
DI PENETRAZIONE DEL VELENO: solo la femmina e' velenosa. Il ragno morde (o
pizzica) tramite gli uncini delle 2 chele, determinando 2 piccoli fori
attraverso i quali inietta il veleno, contraendo i muscoli che circondano le
ghiandole.
SINTOMATOLOGIA:
in oltre il 50% dei casi non viene avvertito alcun dolore al momento del morso.
Localmente: piccola macchia di 0,5 cm di diametro, rossastra a pelle d'oca il
cui diametro tende ad allargarsi. Spesso "raggi" rossastri si
estendono verso i linfonodi. Successivamente: dolore e tumefazione dei
linfonodi regionali. Dopo qualche ora si forma una zona pallida di circa 5 cm
di diametro delimitata da un anello rosso-bluastro con dolore ed anestesia
locale.
Generalmente
in 4a giornata appare un rash o eritema scarlattiniforme o morbilliforme con
prurito che puo' essere piu' o meno generalizzato.
Altri
sintomi sistemici gravi includono lo shock, le aritmie, le crisi ipertensive
(per azione diretta della tossina sui centri vasomotori).
Un
aspetto sintomatologico tipico e' costituito dall'intenso dolore alle regioni
linfoghiandolari con diffusione a tutto il corpo. Tipiche anche le artralgie, i
tremori diffusi, i crampi muscolari, opistotono, il trisma, le contrazioni
cloniche, il senso di costrizione toracica, l'iperreflessia.
I
dolori muscolari possono regredire lentamente dopo circa 20 ore residuando
bruciore delle piante dei piedi e parestesie delle estremità. Possibili anche
ipertermia, iperemia congiuntivale, fotofobia, lacrimazione, iperemia della
papilla del nervo ottico, miosi iniziale, midriasi successiva.
La
sintomatologia respiratoria comprende la tachipnea iniziale seguita da
bradipnea, la broncocostrizione, la broncorrea.
La
sintomatologia gastroenterica comprende nausea, vomito, pirosi, meteorismo.
Dal
punto di vista epatico può essere presente epatomegalia, e subittero.
Dal
punto di vista renale l'oliguria o anuria durante le prime 12 ore può essere
dovuta al globo vescicale (da contrazione colinergica dello sfintere) o alla
disidratazione dovuta al vomito e alla sudorazione.
TERAPIA:
disinfezione locale ed applicazione di pomate cortisoniche. Controindicata
l'applicazione di sostanze chimiche o l'incisione, che possono aumentare il
pericolo di necrosi locale. Per il resto la terapia è assolutamente di supporto
e sintomatica, in relazione alla gravità del quadro clinico e di laboratorio.
Tratto da: (Alessandro Barelli, Paolo Poleggi, Claudia Addario - Centro Antiveleni, Servizio di Tossicologia Clinica - Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma)
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