mercoledì 30 luglio 2014

Intossicazione acuta da veleni animali

Ecco gli animali i cui morsi sono pericolosi per l'uomo.

VIPERA




MORFOLOGIA: testa piatta triangolare, più' larga del collo, ricoperta di placchette piccole e di forma irregolare. Pupilla ellittica e verticale.
Corpo lungo 45-100 cm, tozzo, spesso a coda breve, ricoperto da squame carenate, non sempre sormontato da una riga romboide nera. Massima varietà' di colorazione (grigio, bruno, rossastro, giallastro, olivastro, arancione, nerastro, nero) e di ornamentazione; la parte inferiore dell'apice della coda e' spesso di colore arancione.
HABITAT: zona mediterranea, dalla fascia sud-mediterranea a quella mediterraneo-altomontana; zona medio-europea, zona atlantica. Capace di vivere in tutti gli ambienti dal livello del mare fino a 3000 metri sulle Alpi italiane. Distribuzione: Spagna nord-est, Francia, Germania sud-ovest, Svizzera nord-ovest, Italia continentale, peninsulare ed isole di Montecristo, Elba, Sicilia, Jugoslavia e Bulgaria.
AMBIENTI A RISCHIO: luoghi caldi ed aridi, sotto i sassi, in mezzo ad arbusti e siepi; temperatura ottimale 15-35 ° C. Attacca solo se senza via di uscita o se colpita.
TOSSINE: proteine con attività' enzimatica: fosfolipasi, l-aminoacidossidasi, fosfodiesterasi, nucleotidasi, fosfomonoesterasi, deossiribonucleasi, ribonucleasi, adenosintrifosfatasi, ialuronidasi, nad-nucleosidasi, arilamilasi, peptidasi.
Enzimi: endopeptidasi, arginina-estereidrolasi, chininogenasi, enzima trombinosimile, attivatore del fattore X e attivatore della protrombina. Colesterolo, lecitina, sostanze lipidiche, riboflavina (responsabile del colore giallo caratteristico di alcuni veleni), ioni metallici e non metallici, sodio, potassio, calcio, zinco, rame, manganese, ferro, cobalto, alluminio, argento, fosforo, ioni cloruro.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: morso tramite 2 denti scanalati che, in genere, provocano 2 incisioni distanti tra loro 6-8 mm.
MECCANISMO DI TOSSICITA': il veleno e' formato da vari enzimi ad azione diversa:
azione neurotossica: agisce sia mediante una colinesterasi, distruggendo l'acetilcolina muscolare, sia con azione curarizzante
reazione anafilattica con possibile insorgenza di shock
azione citotossica e necrotizzante
azione emorragica: tramite enzimi che, a piccole dosi, agiscono sulla coagulazione gelificando il fibrinogeno e provocando trombosi vascolari, ad alte dosi lisando lo stesso e provocando emorragie
azione danno diretto sull'endotelio dei capillari.
SINTOMATOLOGIA: è caratterizzata da sintomi locali, specifici ed estremamente importanti per la diagnosi e da una serie di sintomi a carattere sistemico, aspecifici data la notevole variabilità di azione degli enzimi contenuti nel veleno.
I sintomi locali consistono nella comparsa, nel punto del morso, di edema duro, dolore intenso, arrossamento e fenomeni necrotici, espressione della intensa reazione infiammatoria che, col passare del tempo si estende in senso centripeto coinvolgendo tutto l'arto. I classici due punti in cui sono penetrati i denti del rettile non sono sempre visibili perché mascherati dall'edema infiammatorio. I segni locali sono un fattore determinante per la diagnosi.
I sintomi sistemici, aspecifici e molto variabili, vanno dai fenomeni trombotici, per attivazione del fibrinogeno, alle sindromi emorragiche, per attivazione della plasmina; inoltre possono presentarsi disturbi cardiocircolatori di tipo vasoparalitico (ipotensione e shock) o al contrario fenomeni da attivazione del sistema simpatico. E' possibile la necosi tubulare con conseguente insufficienza renale. Il sistema nervoso centrale può essere depresso (coma) o, al contrario, "eccitato" (convulsioni).
DIAGNOSI: è basata sui dati anamnestici e sul riscontro della reazione locale, ricordando che i classici due punti in cui sono penetrati i denti del rettile non sono sempre visibili perché mascherati dall'edema infiammatorio. La sintomatologia sistemica, per la sua aspecificità, non è diagnostica ma è utile nell'inquadramento generale del paziente e, soprattutto, per intraprendere le decisioni terapeutiche.
REPERTI LABORATORIO e STRUMENTALI: ipofibrinogenemia, allungamento del tempo di protrombina, leucocitosi, neutrofilia, trombocitopenia, ematuria, urobilinuria, inversione dell'onda T, deviazione del tratto ST
TERAPIA: è controindicato incidere, succhiare il veleno, applicare laccio emostatico, cauterizzare.
Bisogna, invece, mantenere calmo il paziente, immobilizzare l'arto colpito ed applicare una benda elastica larga 7-10 cm e lunga 6-12 m (dopo aver tolto orologi ed anelli), sia a monte che a valle della zona colpita, cercando di comprimere in modo da rallentare al massimo la circolazione linfatica senza pero' alterare quella arteriosa: per esempio, in caso di morso alla mano, occorre fasciare almeno fino al gomito e, possibilmente, immobilizzare l'arto applicando anche una stecca rigida. In presenza di sintomi sistemici importanti e conclamati, ma solo in ambiente ospedalierio, possibilmente in reparto di terapia intensiva, somministrare il siero antiofidico per infusione (1 fiala in 250 ml di soluzione glucosata al 5%), tenendo presente la possibilita' di insorgenza di shock anafilattico da siero eterologo. Se la prima infusione di siero non e' stata risolutiva, ripetere un'altra dose. Dal 1994 sono disponibili frammenti purificati di fab ovini, purtroppo non in commercio in Italia. I Fab, essendo privati della parte antigenica del frammento fc della gamma-globulina sono gravati di una minore incidenza di reazioni allergiche nel paziente. Il trattamento consta dell' inoculazione di 2 fiale diluite in 250 ml di soluzione fisiologica da somministrare in unica soluzione in 1 ora. La dose e' invariata per adulti e bambini. Per il resto la terapia è sintomatica, sia per i sintomi locali che sistemici, e di supporto.

APE



MORFOLOGIA: imenottero di colore nero a striscie gialle.
HABITAT: vario
AMBIENTI A RISCHIO: nelle vicinanze dell' alveare.
TOSSINE: enzimi: ialuronidasi, fosfolipasi A, fosfolpipasi B, esterasi, fosfatasi. Mega-peptidi: mellitina, peptide ad azione degranulante sulle mast cellule, apamina, minimine, cardiopeptide, inibitore di proteasi. Micro-peptidi: istamina, procamina, fosfolipidi. Di ancora incerta definizione: 5-idrossitriptamina, dopamina, nor-adrenalina, acido vanilmandelico.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: inoculazione del veleno tramite aculeo.
MECCANISMO DI TOSSICITA': non tutti i componenti del veleno dell' ape sono stati ancora identificati, trattandosi di una composizione molto complessa e variabile in relazione alla stagione ed all' eta'. La ialuronidasi e' l' enzima responsabile della diffusione del veleno nei tessuti. La mellitina e il peptide "mast cell degranulating" sono responsabili della reazione dei mastociti. Il contenuto in istamina varia in relazione all' eta' ed alla stagione. La fosfolipasi sarebbe responsabile della contrazione dei muscoli lisci, della ipotensione, aumento della permeabilita' capillare. La localizzazione della puntura determina la gravita' dei sintomi.
SINTOMATOLOGIA: immediati: dolore, ponfo, edema, macchie. Descritta una sindrome meningea da puntura alla faccia, al labbro superiore, al collo. Possibili, in individui sensibilizzati, o per punture multiple: edema generalizzato, broncocostrizione, crampi addominali, nausea, vomito, vertigini, ipotensione, shock anafilattico, insufficienza renale, possibile emolisi acuta.
TERAPIA: estrarre l' aculeo facendolo saltare con una lama di coltello o altro, evitando accuratamente la rimozione con pinze che spremono il sacco velenifero, determinando l' inculazione totale del veleno. Applicazione di ghiaccio. Disinfezione ed applicazione di pomata a base di corticosteroidi. I sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati con la terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi elevate).

VESPA



MORFOLOGIA: imenottero di colore nero a striscie gialle.
APPARATO VELENIFERO: consiste di un sistema ghiandolare, un sacco velenifero ed un aculeo dentellato per l' inoculazione del veleno. A differenza dell' ape, la vespa non lascia l' aculeo nella cute della vittima: infatti, il sacco serve soltanto da contenitore, non essendo provvisto di muscolatura. Ciò significa, praticamente, che la vespa può pungere ripetutamente a differenza, appunto, dell'ape che muore, perdendo l'aculeo, dopo aver punto. La ghiandola, detta "acida", e' responsabile della secrezione del veleno.
HABITAT: vario
AMBIENTI A RISCHIO: gli individui portatori dell'aculeo sono le femmine (sia quelle feconde che quelle non, operaie). Esse pungono in genere se colpiscono o vengono colpite da un ostacolo e soprattutto per la difesa del nido. La loro aggressività' aumenta con le temperature elevate e quando i nidi sono molto popolati.
TOSSINE: istamina, serotonina, acetilcolina, dopamina, noradrenalina, adrenalina, chinine, enzimi: ialuronidasi, fosfolipasi A, fosfolpipasi B, esterasi, colinesterasi, proteasi.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: inoculazione del veleno tramite un aculeo che si trova all'estremo posteriore dell'addome ed in posizione di riposo e' ritratto. A differenza dell'ape, la vespa non lascia l' aculeo nella cute della vittima.
MECCANISMO DI TOSSICITA': non tutti i componenti del veleno della vespa sono stati ancora identificati, trattandosi di una composizione molto complessa e variabile in relazione alla stagione ed all'età'. La ialuronidasi e' l'enzima responsabile della diffusione del veleno nei tessuti. Il contenuto in istamina varia in relazione all'età' ed alla stagione. La fosfolipasi sarebbe responsabile della contrazione dei muscoli lisci, dell'ipotensione e dell'aumento della permeabilità' capillare. La localizzazione della puntura determina la gravita'.
SINTOMATOLOGIA: esattamente riconducibile a quella causata dalla puntura di ape
TERAPIA: applicazione di ghiaccio, disinfezione, applicazione di pomata a base di corticosteroidi.
Anche in questo caso, i sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati con la terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi elevate).

SCORPIONE ITALIANO



MORFOLOGIA: piccolo, corpo lungo 5-7 cm., di colore scuro, porta 2 cheliceri anteriori (pinze), coda segmentata provvista di aculeo.
APPARATO VELENIFERO: e' situato in posizione terminale sull'ultimo anello della coda. e' formato da una ghiandola doppia.
HABITAT: diffuso nei luoghi aridi.
MECCANISMO DI TOSSICITA': lo scorpione italico e' generalmente non tossico.
SINTOMATOLOGIA: generalmente nessuna. Possibili: dolore locale, edema, eritema; rare le reazioni allergiche.
TERAPIA: disinfezione e sieroterapia antitetanica. Se necessario applicazione di pomate cortisoniche. Usuale trattamento di eventuali (rare) reazioni sistemiche.

TRACINA



MORFOLOGIA: lunghezza 20-40 cm, testa tozza, bocca a taglio obliquo, occhi posti superiormente (molto ravvicinati tra loro), due spine dorsali, due aculei opercolari, dorso bruno-giallastro, ventre biancastro.
HABITAT: mare: fondo sabbioso, vicino alla riva. Abbonda nel mar mediterraneo, lungo le coste del sud dell'Inghilterra e nelle zone meridionali del mare del nord. E' un pesce commestibile.
AMBIENTI A RISCHIO: nella maggior parte dei casi l'intossicato e' un pescatore che si punge nel togliere il pesce dalle reti o dall'amo. Negli altri casi quando si poggia il piede su fondi sabbiosi, dove la tracina si nasconde molto frequentemente.
TOSSINE: adrenalina, noradrenalina, sostanza liberatrice di istamina. Tossina termolabile.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: apparato pungente che inietta veleno.
SINTOMATOLOGIA: dopo 1-30 min: dolore (dal punto ferito si irradia), edema, colorazione cianotica della cute attorno alla ferita. Reazioni generalizzate: brividi, ipertermia, sudorazione, artralgie, vomito, agitazione psicomotoria. Nei casi più gravi: convulsioni, allucinazioni, dispnea, palpitazioni. Nei giorni successivi: adenomegalia, linfangite. Possibili emolisi e nefropatia.
TERAPIA: immediata: immersione dell'arto in acqua quanto piu' possibile calda (tossina termolabile) per 30 minuti. Applicazione di pomate cortisoniche. Siero profilassi antitetanica. I sintomi generalizzati, se presenti, vengono trattati con la terapia usuale delle reazioni allergiche (corticosteroidi ev anche dosi elevate). Gli anestetici locali possono trovare indicazione a causa del dolore spesso violento.

MALMIGNATTA


La femmina raggiunge i 15mm ed ha una colorazione nera con 13 macchie rosse sull'addome. 


I maschi sono più piccoli di colore nero con macchie giallo chiaro.

MORFOLOGIA: ragno piccolo (7-15 mm) di colore nero lucente con addome sferico punteggiato da 13 macchiette rosse.
HABITAT: Europa meridionale. Italia centro-meridionale: Sardegna, Toscana, Alto-Lazio (Tolfa). Vive in genere sotto i sassi in luoghi aridi. E' aggressivo specialmente in primavera ed in estate.
La gravita' del quadro clinico dipende da numerosi fattori: dal ragno stesso, dal numero dei morsi, dalla zona (grave l'inoculazione diretta in circolo); dalle condizioni fisiche del paziente, dall'eta': particolarmente sensibili sono i bambini; dal grado di immunita' dovuto a precedenti morsicature (in zone endemiche).
MECCANISMO TOSSICO: la gravita' del quadro clinico dipende da numerosi fattori: dal ragno stesso, dal numero dei morsi, dalla zona (grave l'inoculazione diretta in circolo); dalle condizioni fisiche del paziente, dall'eta': particolarmente sensibili sono i bambini; dal grado di immunita' dovuto a precedenti morsi (in zone endemiche).
Il veleno e' composto da piu' tossine (proteine) di cui la più' nota e' l'alfa-latrotossina ad effetto essenzialmente neurotossico. La neurotossina determina una liberazione massiva di acetilcolina con distruzione delle vescicole sinaptiche, la cui membrana possiede siti di fissazione ad alta affinita'; in questo modo si determina depolarizzazione della membrana delle cellule nervose del sistema nervoso centrale e periferico.
VIA DI PENETRAZIONE DEL VELENO: solo la femmina e' velenosa. Il ragno morde (o pizzica) tramite gli uncini delle 2 chele, determinando 2 piccoli fori attraverso i quali inietta il veleno, contraendo i muscoli che circondano le ghiandole.
SINTOMATOLOGIA: in oltre il 50% dei casi non viene avvertito alcun dolore al momento del morso. Localmente: piccola macchia di 0,5 cm di diametro, rossastra a pelle d'oca il cui diametro tende ad allargarsi. Spesso "raggi" rossastri si estendono verso i linfonodi. Successivamente: dolore e tumefazione dei linfonodi regionali. Dopo qualche ora si forma una zona pallida di circa 5 cm di diametro delimitata da un anello rosso-bluastro con dolore ed anestesia locale.
Generalmente in 4a giornata appare un rash o eritema scarlattiniforme o morbilliforme con prurito che puo' essere piu' o meno generalizzato.
Altri sintomi sistemici gravi includono lo shock, le aritmie, le crisi ipertensive (per azione diretta della tossina sui centri vasomotori).
Un aspetto sintomatologico tipico e' costituito dall'intenso dolore alle regioni linfoghiandolari con diffusione a tutto il corpo. Tipiche anche le artralgie, i tremori diffusi, i crampi muscolari, opistotono, il trisma, le contrazioni cloniche, il senso di costrizione toracica, l'iperreflessia.
I dolori muscolari possono regredire lentamente dopo circa 20 ore residuando bruciore delle piante dei piedi e parestesie delle estremità. Possibili anche ipertermia, iperemia congiuntivale, fotofobia, lacrimazione, iperemia della papilla del nervo ottico, miosi iniziale, midriasi successiva.
La sintomatologia respiratoria comprende la tachipnea iniziale seguita da bradipnea, la broncocostrizione, la broncorrea.
La sintomatologia gastroenterica comprende nausea, vomito, pirosi, meteorismo.
Dal punto di vista epatico può essere presente epatomegalia, e subittero.
Dal punto di vista renale l'oliguria o anuria durante le prime 12 ore può essere dovuta al globo vescicale (da contrazione colinergica dello sfintere) o alla disidratazione dovuta al vomito e alla sudorazione.
TERAPIA: disinfezione locale ed applicazione di pomate cortisoniche. Controindicata l'applicazione di sostanze chimiche o l'incisione, che possono aumentare il pericolo di necrosi locale. Per il resto la terapia è assolutamente di supporto e sintomatica, in relazione alla gravità del quadro clinico e di laboratorio.


Tratto da: (Alessandro Barelli, Paolo Poleggi, Claudia Addario - Centro Antiveleni, Servizio di Tossicologia Clinica - Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma)

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